Il Maiale Ubriaco a Berlino - spostamento dell’Asse e primo resoconto: cucina di strada & cucina popolare
A Berlino ci sono andato in due modi e per due motivi:
da Maiale Ubriaco e da feroce appassionato che fugge tutti i movimenti e i luoghi (anche comuni) che il turismo di massa ha creato; per la fotografia e per Wim Wenders.
Marc Augè, insieme con Lévi Strauss, Balandier e Condominas, ha osservato acutamente che “bisogna ritornare per scrivere, quanto meno ritornare a casa”.
Che si instauri una distanza, doppia, tra il luogo osservato e la scrittura. Modo, unico, per decifrare tutte quelle sensazioni che a caldo non sempre si riesce a tener presente. E a Berlino io ci sto ancora pensando e ancora ci penserò fin quando non avrò la possibilità e la necessità di tornarci. Alla base del mio riflettere sta una più remota riflessione – che a molti apparirà scontata – e che riguarda la caduta del Muro. Il confine tra Est ed Ovest non si cancellerà mai. Ad un Ovest ricco di sperimentazione architettonica, totale ricostruzione ed ultra modernità, si contrappone un Est malinconico, “vecchio” e decadente. La fitta presenza di Turchi e Russi, in alcuni quartieri, insieme ai loro meravigliosi mercati e bazar; i lunghi viali costeggiati dalle rigide strutture dei palazzi-agglomerato e i quartieri (Majakowskiring in Pankow) delle ville borghesi appartenute ai dirigenti della DDR fanno di quest’altra faccia della città, la zona, a mio avviso, più vera ed interessante.
A Berlino è facile mangiare. Sono innumerevoli i posti in cui ci si può fermare per bere una birra (la Berliner è la birra popolare), divorare un wurstel con senape o un fettone di torta (diffuso il baukuchen: strati di biscotto e crema di cioccolato) . In questo primo resoconto (al quale seguirà una seconda parte) mi soffermerò proprio su questo tipo di realtà. Tutti oramai conoscono la filosofia del Maiale Ubriaco; se avessi voluto mangiare nei locali “in” della Berlino Europea, forse avrei scalzato la possibilità di avvicinarmi al popolo, al berlinese-tipo (ammesso che ce ne siano), alla gastronomia popolare. Devo subito precisare che a Berlino (ma è modalità nord europea) non esiste il pranzo vero e proprio come noi lo intendiamo. Non vedremo mai un berlinese tornare a casa e mettersi a cucinare, magari primo e secondo, per poi sedersi a tavola insieme alla famiglia. Più spesso, e quest’aspetto ha dell’affascinante perché spiega benissimo e talvolta segna, come su una mappa, le traiettorie degli attori sociali che si muovono all’interno della città, ci si ferma al volo per consumare un hot dog con senape e una birra, un piatto di patate o verdure saltate in padella, un dolce salato. Ho adorato, in Alexanderplatz, uomini con un vero e proprio barbecue elettrico a tracolla, che maneggiavano spostandosi con maestria servendo minute fette di pane riempite di wurstel o petto di maiale al modico costo di 1 euro: ketchup, maionese o senape a scelta. Altrettanti simili venditori servivano currywurst und pommes (salsiccia al curry con patate) od anche doner kebab e hamburger.
Nelle immediate vicinanze della Freie Universitat, a Dahlem, quartiere universitario, gli studenti amano fermarsi in piccoli locali dove è possibile gustare zuppe o piatti unici di carne, verdure e patate. Proprio a Dahlem (dove peraltro è ubicato uno dei più importanti musei Etnologici d’Europa) ho preso una zuppa di verdure miste con wurstel a rondelle; birra (Berliner, che trovo molto buona) e un tegame di patate al forno in sfoglie sottili, ricoperte da un’insolita piramide di verdure miste e funghi, il tutto ulteriormente ricoperto di formaggio Emmenthal.
Forse queste dinamiche “mangerecce” trovano spazio perché la colazione (frühstück), eccellente ed abbondante, la fa da padrona. Cosa non ho mangiato al primo mattino: salumi e formaggi, pane di segale, uova sode o strapazzate, marmellata di prugne, latte, succhi di frutta, yogurt e caffè (sul caffè inutile dire che trattasi di “beveroni” al sapore di caffè ma molto gradevoli soprattutto se allungati con il latte che è buonissimo). In giro per le strade (ad Ovest ricordo facilmente nei pressi della chiesa neoromanica Gedachtniskirche – Ku’damm, Charlottenburg) ho trovato gazebo internamente attrezzati di griglie e fuochi sui quali, in giganti padelle d’acciaio, cucinavano verdure e carni: lombatine con verdure, maiale alle carote, frische wurst (salsiccia fresca) che è un piatto tipico e spesso lo si vede accompagnato con crauti e salsicce di fegato. Nelle immediate vicinanze, in un altro gazebo questa volta dedicato alla birra, spillavano Berliner ed una leggera chiara con succo di lampone. Non ho mangiato pesce, che pure se ne trova, diffusissimo e cucinato in svariati modi.
A Berlino ho speso il mio tempo camminando, fin quando gambe e piedi non imploravano una sosta; ho cercato il cibo più stradaiolo e tradizionale, quello che, a mio avviso, d’impatto poteva riportarmi alle usanze gastronomiche locali. Non di meno ho approcciato la cucina locale mangiando nelle birrerie e nelle piccole osterie, come nel caso di Spandau (estremo Ovest) e Prenzlauer-Berg (centro Est). Con lo stesso spirito ho desiderato vedere ciò che gli studenti e i giovani in generale bevono e mangiano, addentrandomi nei quartieri universitari e nei palazzi occupati da punk (o il loro lontano ricordo), giovani “artisti”, musicisti, fotografi, pittori e scultori. Nei centri occupati, dove sale per esporre e piccoli spazi sociali sono auto-gestiti, spesso ho sostato in bar e “dark-market” (la scena musicale metal è molto presente) dove il piatto unico a base di carne e patate + birra è la realtà gastronomica più persistente (ma è questo cibo che maggiormente e monotonamente si ritrova un po’ dappertutto). Ottime le patate lessate intere e con tutta la buccia, con salse aromatizzate o piccanti. Tali salse (dall’aspetto di una maionese “slegata”, molto liquida e profumata) ricoprivano per intero la patata che poteva mangiarsi con un piccolo cucchiaio, intingendo il boccone nella salsa. Avrei desiderato soffermarmi per più tempo nei mercati e nelle cucine turche, molto presenti nel distretto di Kreuzberg: per intenderci il quartiere del Checkpoint Charlie. Ma, come ho già specificato, la mia attenzione si è rivolta al locale-sociale. Berlino è una città ricca di contraddizioni, talvolta ravvisabili anche nella cultura gastronomica. Non è facile cercare la tradizione all’interno di un agglomerato urbano che è diventato insieme rifugio e punto di riferimento di molte etnie che convivono e si mischiano in quello che François Laplantine definisce métissage. E non è facile, ne forse possibile, andare alla ricerca della tradizione in soli dieci giorni. Ma non discuto l’amore, la curiosità e la passione che mi hanno spinto al tentativo. Del resto questo spazio aperto che è Il Maiale Ubriaco aspetta certo anche di essere riempito dai vostri commenti, suggerimenti e critiche.
Nella seconda parte parleremo di: pane & dolci; vinerie e ristoranti italiani. Perché di italiani a Berlino ce ne sono tanti; tutti perfettamente inseriti, tutti riconoscibilissimi, tutti nostalgici delle abitudini e della gastronomia italiana.
da Maiale Ubriaco e da feroce appassionato che fugge tutti i movimenti e i luoghi (anche comuni) che il turismo di massa ha creato; per la fotografia e per Wim Wenders.
Marc Augè, insieme con Lévi Strauss, Balandier e Condominas, ha osservato acutamente che “bisogna ritornare per scrivere, quanto meno ritornare a casa”.
Che si instauri una distanza, doppia, tra il luogo osservato e la scrittura. Modo, unico, per decifrare tutte quelle sensazioni che a caldo non sempre si riesce a tener presente. E a Berlino io ci sto ancora pensando e ancora ci penserò fin quando non avrò la possibilità e la necessità di tornarci. Alla base del mio riflettere sta una più remota riflessione – che a molti apparirà scontata – e che riguarda la caduta del Muro. Il confine tra Est ed Ovest non si cancellerà mai. Ad un Ovest ricco di sperimentazione architettonica, totale ricostruzione ed ultra modernità, si contrappone un Est malinconico, “vecchio” e decadente. La fitta presenza di Turchi e Russi, in alcuni quartieri, insieme ai loro meravigliosi mercati e bazar; i lunghi viali costeggiati dalle rigide strutture dei palazzi-agglomerato e i quartieri (Majakowskiring in Pankow) delle ville borghesi appartenute ai dirigenti della DDR fanno di quest’altra faccia della città, la zona, a mio avviso, più vera ed interessante.
A Berlino è facile mangiare. Sono innumerevoli i posti in cui ci si può fermare per bere una birra (la Berliner è la birra popolare), divorare un wurstel con senape o un fettone di torta (diffuso il baukuchen: strati di biscotto e crema di cioccolato) . In questo primo resoconto (al quale seguirà una seconda parte) mi soffermerò proprio su questo tipo di realtà. Tutti oramai conoscono la filosofia del Maiale Ubriaco; se avessi voluto mangiare nei locali “in” della Berlino Europea, forse avrei scalzato la possibilità di avvicinarmi al popolo, al berlinese-tipo (ammesso che ce ne siano), alla gastronomia popolare. Devo subito precisare che a Berlino (ma è modalità nord europea) non esiste il pranzo vero e proprio come noi lo intendiamo. Non vedremo mai un berlinese tornare a casa e mettersi a cucinare, magari primo e secondo, per poi sedersi a tavola insieme alla famiglia. Più spesso, e quest’aspetto ha dell’affascinante perché spiega benissimo e talvolta segna, come su una mappa, le traiettorie degli attori sociali che si muovono all’interno della città, ci si ferma al volo per consumare un hot dog con senape e una birra, un piatto di patate o verdure saltate in padella, un dolce salato. Ho adorato, in Alexanderplatz, uomini con un vero e proprio barbecue elettrico a tracolla, che maneggiavano spostandosi con maestria servendo minute fette di pane riempite di wurstel o petto di maiale al modico costo di 1 euro: ketchup, maionese o senape a scelta. Altrettanti simili venditori servivano currywurst und pommes (salsiccia al curry con patate) od anche doner kebab e hamburger.
Nelle immediate vicinanze della Freie Universitat, a Dahlem, quartiere universitario, gli studenti amano fermarsi in piccoli locali dove è possibile gustare zuppe o piatti unici di carne, verdure e patate. Proprio a Dahlem (dove peraltro è ubicato uno dei più importanti musei Etnologici d’Europa) ho preso una zuppa di verdure miste con wurstel a rondelle; birra (Berliner, che trovo molto buona) e un tegame di patate al forno in sfoglie sottili, ricoperte da un’insolita piramide di verdure miste e funghi, il tutto ulteriormente ricoperto di formaggio Emmenthal.
Forse queste dinamiche “mangerecce” trovano spazio perché la colazione (frühstück), eccellente ed abbondante, la fa da padrona. Cosa non ho mangiato al primo mattino: salumi e formaggi, pane di segale, uova sode o strapazzate, marmellata di prugne, latte, succhi di frutta, yogurt e caffè (sul caffè inutile dire che trattasi di “beveroni” al sapore di caffè ma molto gradevoli soprattutto se allungati con il latte che è buonissimo). In giro per le strade (ad Ovest ricordo facilmente nei pressi della chiesa neoromanica Gedachtniskirche – Ku’damm, Charlottenburg) ho trovato gazebo internamente attrezzati di griglie e fuochi sui quali, in giganti padelle d’acciaio, cucinavano verdure e carni: lombatine con verdure, maiale alle carote, frische wurst (salsiccia fresca) che è un piatto tipico e spesso lo si vede accompagnato con crauti e salsicce di fegato. Nelle immediate vicinanze, in un altro gazebo questa volta dedicato alla birra, spillavano Berliner ed una leggera chiara con succo di lampone. Non ho mangiato pesce, che pure se ne trova, diffusissimo e cucinato in svariati modi.
A Berlino ho speso il mio tempo camminando, fin quando gambe e piedi non imploravano una sosta; ho cercato il cibo più stradaiolo e tradizionale, quello che, a mio avviso, d’impatto poteva riportarmi alle usanze gastronomiche locali. Non di meno ho approcciato la cucina locale mangiando nelle birrerie e nelle piccole osterie, come nel caso di Spandau (estremo Ovest) e Prenzlauer-Berg (centro Est). Con lo stesso spirito ho desiderato vedere ciò che gli studenti e i giovani in generale bevono e mangiano, addentrandomi nei quartieri universitari e nei palazzi occupati da punk (o il loro lontano ricordo), giovani “artisti”, musicisti, fotografi, pittori e scultori. Nei centri occupati, dove sale per esporre e piccoli spazi sociali sono auto-gestiti, spesso ho sostato in bar e “dark-market” (la scena musicale metal è molto presente) dove il piatto unico a base di carne e patate + birra è la realtà gastronomica più persistente (ma è questo cibo che maggiormente e monotonamente si ritrova un po’ dappertutto). Ottime le patate lessate intere e con tutta la buccia, con salse aromatizzate o piccanti. Tali salse (dall’aspetto di una maionese “slegata”, molto liquida e profumata) ricoprivano per intero la patata che poteva mangiarsi con un piccolo cucchiaio, intingendo il boccone nella salsa. Avrei desiderato soffermarmi per più tempo nei mercati e nelle cucine turche, molto presenti nel distretto di Kreuzberg: per intenderci il quartiere del Checkpoint Charlie. Ma, come ho già specificato, la mia attenzione si è rivolta al locale-sociale. Berlino è una città ricca di contraddizioni, talvolta ravvisabili anche nella cultura gastronomica. Non è facile cercare la tradizione all’interno di un agglomerato urbano che è diventato insieme rifugio e punto di riferimento di molte etnie che convivono e si mischiano in quello che François Laplantine definisce métissage. E non è facile, ne forse possibile, andare alla ricerca della tradizione in soli dieci giorni. Ma non discuto l’amore, la curiosità e la passione che mi hanno spinto al tentativo. Del resto questo spazio aperto che è Il Maiale Ubriaco aspetta certo anche di essere riempito dai vostri commenti, suggerimenti e critiche.
Nella seconda parte parleremo di: pane & dolci; vinerie e ristoranti italiani. Perché di italiani a Berlino ce ne sono tanti; tutti perfettamente inseriti, tutti riconoscibilissimi, tutti nostalgici delle abitudini e della gastronomia italiana.
6 Comments:
Precedenti messagi erano stati ancellati da un problema tecninco. perdono.
la ballera : oh! buoni consigli da appuntare in attesa del mio sempre più prossimo capodanno tutto berlinese!
Non vedo l'ora!
Ciao!
valeria : Ho compiuto 40 anni a Berlino, quattro giorni sotto quel "cielo". Indimenticabili!!
Il quartiere che più mi ha affascinato è stato il Kreuzberg. I mercatini dell'usato e i chioschi di kebab che trovi in ogni angolo di strada.
E poi Oranienstrasse,Postdammerplatz.....architetture fantastiche!!! Valeria
Berlino mi manca tra i viaggi e desidero tanto andarci, ma conosco alla perfezione "quella" colazione, tipica in effetti di tutto il Nord Europa: l'unica cosa che non sono riuscita a mangiare sono le aringhe in salse strane che ho trovato in Svezia! E adoro anche quel caffe' detestando l'espresso italiano - decisamente meglio la moka - che per quel che mi riguarda e` buono solo a Napoli (non sono chiacchiere e non sono napoletana :))
Una domanda: conosci molti italiani che all'ora di pranzo tornano a casa, si cucinano primo e secondo e si accomodano a tavola con la famiglia??? Te lo domando perche' in tal caso mi sento ancora piu' sfigata :)
P.S. Adoro anche Wenders
Cara Elisa, conosco bene le aringhe di cui parli. Al lato estremo della Danimarca, dove mar Baltico e Mare del Nord (skagerrat-kattegat)si incontrano e di lontano è visibile la Svezia, l'odore di aringhe nell'aria è così persistente che devi esserci proprio abituato. Per gli italiani che cucinano primo e secondo e amorevolmente chiacchierano a tavola, conosco molte famiglie che lo fanno.. mia compresa. Non è questione d'esser sfigati, forse solo questione di abitudine. Grazie mille per il tuo intervento. Seguici sempre. Ste-
p.s: Wenders, Elisa, è un incanto.
complimenti, bell'articolo.
prenoto un low cost e ci vediamo tra un paio di giovedì!
in trepidante attesa per la seconda parte...
Certo che la gastronomia tedesca è bella monotona. Complimenti, intensa antropologia. Aspetto anche io la seconda parte. Saluti. Nico
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