giovedì, aprile 12

Alfonso Rotolo: Aglianico del Cilento Respiro 2003


Era un caldo agosto. Percorrevo spedito la strada statale 18 attraversando il Parco Nazionale del Cilento e il Vallo di Diano in direzione Rutino. Solitamente preferivo fiancheggiare la costiera oltrepassando paesini lambiti dal mare trasparente e riflettente il sole agostano come Acciaroli o Pioppi: non ancora invasi dalle orde di turisti modaioli che trovavi sulla costiera amalfitana e sorrentina e capaci di regalarti scorci di paesaggi altrettanto entusiasmanti. Ma avevo fretta, speranza e ansia di conoscere Alfonso Rotolo e i suoi vini. Quella strada era un'abitudine consolidata, conoscevo curve, pieghe, avvallamenti da evitare, le folate di vento sui viadotti, e mi permettevo il lusso di una guida attenta ma meccanica, mentre pensavo ai giorni precedenti in cui ero andato da Bruno De Concilis a Prignano Cilento, dove trascorsi due piacevoli ore, e da Luigi Maffini a Cenito, frazione di Santa Maria di Castellabate, dove purtroppo non trovai ciò che cercavo. Ora confidavo in Alfonso Rotolo, persona che non conoscevo e i cui vini non avevo assaggiato, ma l’eco del suo Respiro era arrivato a me, e curioso, non vedevo l’ora di poterlo bere.
All’indicazione Rutino svoltai, ed iniziarono emozioni nuove. La strada dolcemente saliva in sinuose curve che costeggiavano la valle dell’Alento estesa alla mia destra, di tanto in tanto qualche rurale abitazione. A sinistra alberi sul ciglio della strada da cui filtravano i raggi del sole e spicchi di orizzonte agreste. I suoni della natura, il cantar degli uccelli rotti solo dal rumore del motore della mia moto. Non incrociai nessuno: Rutino è situato a quasi 400 metri s.l.m., su uno sprone del poggio sulla cui cima si erge il castello di Rocca Cilento, conta poco più di 900 abitanti ed era agosto inoltrato. Chi mai avrei potuto incrociare? Mi godevo quella pace e quella serenità, l’andatura era per forza di cose da crociera. Arrivato in paese trovai solo una macelleria aperta. Chiesi, e fui involontariamente mandato verso quella che è la nuova cantina: una media costruzione di laterizi ancor grezzi, chiuso da un portone in metallo grigio. Non vi era nessuno. Dieci metri di strada sterrata più in là un’abitazione. Diedi una voce. Si mostrarono delle persone gentili che alle mie richieste prontamente risposero avvisando telefonicamente i Rotolo. Qualche minuto più tardi arrivò una macchina con il papà e la mamma di Alfonso. Lei subito si mostrò cordiale e insieme ci mettemmo alla ricerca di qualche bottiglia di Aglianico Respiro 2002, ma disdetta! A parte qualche magum in casettina di legno già venduta, non ve n’era traccia alcuna. Forse vide il mio sconforto e subito chiamammo Alfonso, che era per delle commissioni ad un tiro di schioppo, nella vicina Agropoli. Mezz’ora al massimo è sarebbe arrivato. La mamma e il papà di Alfonso mi salutarono ed io nell’attesa mi accesi una sigaretta, rubai qualche raggio di sole, mi godetti il panorama con in lontananza lo specchio d’acqua racchiuso dalla diga dell’Alento.
Si presentò un giovane con occhialini da vista, affabile nei modi, cordiale, di gran grazia. Saltammo i convenevoli ed iniziammo a parlare dei suoi vini. Dal fiano barricato Valentina – il nome della figlia – ai suoi base, fino al Respiro. Eccole lì, in un grosso contenitore di legno, bottiglie accatastate a riposare, ancor nude, senza etichetta e capsula. Solo vetro scuro, nettare denso e tappo di sughero. Non dovetti insistere per riceverne una bottiglia. Ci salutammo e lo ringraziai.
I primi di settembre l’aprii.
L’Aglianico del Cilento Respiro 2002 è tra i miei vini del cuore. Quattro in tutto, non di più. E non per la qualità del vino in se per sé, anzi, per gusti personali davanti ad un nebbiolo delle langhe, sia esso Barolo o Barbaresco, arrivo spesso alla commozione. E potrai citarne altri di eccelsi e sublimi, ma quel vino è stato in grado di lasciarmi un insegnamento in questo lungo percorso alla ricerca di vini, facendolo in maniera inaspettata. A tutti noi capita di incontrare persone che ci segnano la vita, quelli che chiamiamo maestri; spesso non si tratta di nobili accademici, ma di gente comune ricca di saggezza che ci ha fatto capire qualcosa in più di noi e della vita. Quel vino è stato per me un maestro. Quattro vini in tutto, scrivevo. Un pinot nero di Borgogna, di uno sconosciuto négociant, sei o sette euro al supermercato. In un periodo in cui bevevo vitigni e vini provenienti da zone diverse dell’Italia, che al palato si rivelavano bevande eguali senz’anima, quel vinello dal rosso scarico e dal forte odore e sapore di fragole mi insegnò cosa volesse dire tipicità ed emozione. Un riesling alsaziano che un’amica mi portò dalla cantina del nonno appena scomparso: non fosse stato per l’annata riportata in etichetta e per il tappo morbido e tenero, quel vino non sembrava avere sei anni: era un pargolo appena partorito dal colore verdolino e dai riflessi scintillanti. E vi sono stolti che continuano a volere bianchi dell’ultima vendemmia subito da bere!!! Un vecchio Chianti classico dimenticato in cantina per almeno sette anni: capii cosa volesse dire pazienza e attesa, e come un vino riconoscente sappia ripagarla.
E l’aglianico 2002 di Rotolo. Ora il boom del vino è stato in questi anni soprattutto mediatico. Si corre il rischio di aprire persino un “Topolino” e trovarvi un articolo sul vino. Tante rubriche, innumerevoli esperti e fiumi di parole. In questo surplus di comunicazione, la miglior qualità è cercare la sintesi. Ma spesso purtroppo, non si ha lo spazio per le riflessioni e i titoli e gli articoli si trasformano in slogan. Succede così che l’annata 2002 venga battezzata come “catastrofica”. Se è vero che, volendo dare dei numeri – li butto lì – otto vini su dieci di quell’annata non valgono quel che costano (i produttori nostrani dovrebbero imparare dai francesi modulando i prezzi in relazione alle annate), è anche vero che alcune zone o alcuni vini sono semplicemente straordinari (vedi la Valtellina: Sassella Triacca 2002, farne incetta, metterlo da parte e goderne. Un affare!). L’aglianico Respiro 2002 mi ha insegnato una cosa semplice semplice, al di là delle guide, degli articoli e degli slogan: capii quanto ineffabile e misterioso sia il vino. Più ne bevo e più sono lontano dal capirlo. Grazie a Dio!
Di questo 2003 dirò poche cose: nel bicchiere è rosso rubino brillante, il frutto è presente e polputo, la beva è elegante grazie ad una spiccata mineralità che la facilita nonostante l’alcool sia 14,5 gradi, chiude con leggeri sentori di polvere di cacao. Vino robusto che richiede piatti altrettanto robusti. Per coloro che credono che il vino sia solo biologico e storcono il naso sentendo la parola barrique. Questo vino passa ben 24 mesi in barrique nuove.
Cari Enologi di grido andate da Alfonso ad imparare. Standing ovation: tutti in piedi ed applausi.
Prezzo in enoteca tra i 18 ed i 25 euro.
Buone bevute a tutti.

Taccuino di un giovane bevitore di Mauro Erro

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