Il Signore del Fiano: da Antoine Gaita, Villa Diamante
Iniziando a parlare di vini bianchi – il caldo torrido che si prevede per quest’estate lo impone – parto dal mio preferito, quello che gelosamente conservo nella mia cantina in tutte le annate che sono riuscito a reperire.
L’azienda Villa Diamante si trova a Montefredane, paesino in provincia di Avellino sulle cui colline trovano sede anche le aziende Vadiaperti e Pietracupa, una zona altamente vocata alla produzione del Fiano.
L’occasione di scrivere di quest’azienda mi è data anche dalla recente visita che, insieme ad alcuni amici e colleghi di Antoine Gaita dell’università di enologia di Avellino, ho fatto presso l’azienda. Antoine Gaita, classe 1954, è persona dalla lucida intelligenza, l’ironia sottile, la passione smisurata e la giusta dose di insana follia che appartiene ai geni o ai fanciulli. Il viso bonario, la mole consistente, il sorriso pronto, la lingua sciolta, sono i primi aspetti che ho potuto notare appena fatte le presentazioni, mentre in un bar gli altri facevano colazione e lui mi parlava del suo prossimo progetto: la produzione di un Aglianico da invecchiamento, un Taurasi per capirci, affinato almeno nelle intenzioni per 18 mesi in barrique di grana medio fine. Oltre a questo Taurasi in cantiere ci sono la Cuvee Enrico, una piccola partita di Fiano dell'annata 2000 riposta in due barrique scolme per due anni e all’aria per i successivi tre, nell’intento di far sviluppare la "flor", il velo di lieviti che contribuisce alla creazione di alcuni dei più famosi e complessi vini del mondo come il Vin Jaune de Savagnin dello Jura, che questo bianco ricorda e che a breve sarà in commercio per soli 800 fortunati; un aglianico rosato e un vino bianco ottenuto da uve greco.
Ma iniziamo dalla vigna. È questo, così come sempre dovrebbe essere, il plus che fa la differenza e che rende il Fiano di Villa Diamante unico, inimitabile, dai tratti peculiari particolarissimi, riconoscibile in mezzo a cento. Non si tratta di un unico vigneto, ma di piccoli appezzamenti vicini tra loro posti a 400 metri sul livello del mare che arrivano nel loro complesso ad un’estensione di circa 1 ettaro. La parte più giovane ha piante di 7 anni circa allevate con il sistema del Guyot e 6.000 ceppi per ettaro. La parte più vecchia ha piante di 25 anni d’età, con 1.000 ceppi per ettaro. Come mi ha fatto notare Antoine gli appezzamenti hanno un’esposizione nord- nord ovest, completamente opposta a quella che è considerata la migliore. Il segreto di questo Fiano, della sua sostenuta mineralità, dei suoi peculiari aromi terziari di erbe officinali, pietra focaia, dal finale tagliente e quasi metallico, sarebbe da ricondursi ad uno strato di roccia che si interpone tra quelli argillosi definito in zona “sassara”, presente nella vigna vecchia.
Dalla vigna in cantina il passo è breve. Gli interventi sono pochi, non si filtra, né si chiarifica, si utilizzano lieviti selezionati per la fermentazione (sembrerebbe che si tratti di un lievito utilizzato, almeno in zona, unicamente da quest’azienda), si affina quasi esclusivamente con l’utilizzo del solo acciaio (anni fa esisteva una versione del Vigna della Congregazione affinata in barrique sui lieviti).
Aglianico d’Irpinia 2004: messo in commercio tra i 15 e i 20 euro, aglianico per l’85%, e altri vitigni per il restante 15% provenienti da viti vecchie 80 anni site in Paternopoli, prodotto in poco più di 1.200 bottiglie, è un sorso dissetante e corroborante. Il frutto è fresco e ricco, morbido, vellutato sul palato, ma grasso e denso allo stesso tempo nel cuore al momento di deglutire. Ciliegie, un contorno lieve di spezie appena appena accennate che pizzicano il palato con l’aiuto di un' acidità sottile e presente. Il tannino felpato, già ammansito, suadente, carezzevole come seta. È un rosso rubino denso, carico, dai riflessi violacei, brillante nel bicchiere. È godurioso, avvolgente, emozionante, affascinante. Affinato in solo acciaio è, insieme a quello di Alessandro Caggiano, il miglior aglianico d’Irpinia che abbia bevuto nell’ultimo anno.
Fiano Vigna della congregazione 2005: questa bottiglia, uscita in commercio da poco più di un mese, è stata da me bevuta, in una degustazione comparata con il Fiano pari annata di Guido Marsella – colui che di anno in anno contende la palma di miglior fiano ad Antoine –. Ed è in quest’occasione che si sono rivelate le differenze tra le due etichette, e soprattutto tra i due terroir, quello di Montefredane e Summonte. Il Fiano di Marsella si caratterizza per un’opulenza, una grassezza, note affumicate, un centro bocca ampio ed elegante. Quello di Antoine Gaita, per la sua mineralità, e le note di castagna secca, suo marchio di fabbrica. Al momento, però, va scritto che il Fiano di Villa Diamante ha un equilibrio ed un’eleganza straordinarie, quasi inusuali. A mio parere, al momento ha dimostrato solo in parte le sue potenzialità, ed un ulteriore affinamento in vetro non potrà che portargli giovamento. In enoteca tra i 15 e i 20 euro.
Fiano di Avellino 2004: non si tratta del “Vigna della Congregazione”, ma di un’etichetta nata per una leggera sovrapproduzione di uve avvenuta nell’annata. Così nasce questo vino, poco più di 1.300 bottiglie, un vero affare, considerato il costo – tra i 9 e gli 11 euro in enoteca –. Ricalca le caratteristiche del “Fratello Maggiore”, con un carattere più selvaggio e meno elegante. Al naso meglio che al palato, dove paga dazio in termini di persistenza.
Fiano vigna della congregazione 2004: dulcis in fundo, l’annata che, tra le ultime, preferisco. Sia al naso che al palato la nocciola e la castagna secca emergono, ma la mineralità, con sentori di pietra focaia, è predominante e l’acidità sostenuta. Insomma è il fiano che più di tutti mostra le caratteristiche peculiari della vigna da cui proviene e di cui io mi sono innamorato. Persistenza infinita e commovente.
Al di là dei gusti, un vino unico, “artigiano” come scritto in retroetichetta, che merita quanto meno l’assaggio. Durante la visita Antoine mi ha detto: “La gente ha bisogno di sincerità” ed “I vini si fanno col cuore”, non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.
Ringrazio Antoine Gaita e Diamante Maria Renna per la disponibilità, la gentilezza e l’ospitalità.
Buone bevute a tutti.
Sede a Montefredane, Via Toppole. Tel. 0825 30777, fax 0825 22920. antoine.gaita1@tin.it Enologo: Antoine Gaita. Ettari: 3,5 in conversione biologica. Bottiglie prodotte: circa 10.000. Vitigni: fiano, aglianico.
Taccuino di un giovane bevitore di Mauro Erro
L’azienda Villa Diamante si trova a Montefredane, paesino in provincia di Avellino sulle cui colline trovano sede anche le aziende Vadiaperti e Pietracupa, una zona altamente vocata alla produzione del Fiano.
L’occasione di scrivere di quest’azienda mi è data anche dalla recente visita che, insieme ad alcuni amici e colleghi di Antoine Gaita dell’università di enologia di Avellino, ho fatto presso l’azienda. Antoine Gaita, classe 1954, è persona dalla lucida intelligenza, l’ironia sottile, la passione smisurata e la giusta dose di insana follia che appartiene ai geni o ai fanciulli. Il viso bonario, la mole consistente, il sorriso pronto, la lingua sciolta, sono i primi aspetti che ho potuto notare appena fatte le presentazioni, mentre in un bar gli altri facevano colazione e lui mi parlava del suo prossimo progetto: la produzione di un Aglianico da invecchiamento, un Taurasi per capirci, affinato almeno nelle intenzioni per 18 mesi in barrique di grana medio fine. Oltre a questo Taurasi in cantiere ci sono la Cuvee Enrico, una piccola partita di Fiano dell'annata 2000 riposta in due barrique scolme per due anni e all’aria per i successivi tre, nell’intento di far sviluppare la "flor", il velo di lieviti che contribuisce alla creazione di alcuni dei più famosi e complessi vini del mondo come il Vin Jaune de Savagnin dello Jura, che questo bianco ricorda e che a breve sarà in commercio per soli 800 fortunati; un aglianico rosato e un vino bianco ottenuto da uve greco.
Ma iniziamo dalla vigna. È questo, così come sempre dovrebbe essere, il plus che fa la differenza e che rende il Fiano di Villa Diamante unico, inimitabile, dai tratti peculiari particolarissimi, riconoscibile in mezzo a cento. Non si tratta di un unico vigneto, ma di piccoli appezzamenti vicini tra loro posti a 400 metri sul livello del mare che arrivano nel loro complesso ad un’estensione di circa 1 ettaro. La parte più giovane ha piante di 7 anni circa allevate con il sistema del Guyot e 6.000 ceppi per ettaro. La parte più vecchia ha piante di 25 anni d’età, con 1.000 ceppi per ettaro. Come mi ha fatto notare Antoine gli appezzamenti hanno un’esposizione nord- nord ovest, completamente opposta a quella che è considerata la migliore. Il segreto di questo Fiano, della sua sostenuta mineralità, dei suoi peculiari aromi terziari di erbe officinali, pietra focaia, dal finale tagliente e quasi metallico, sarebbe da ricondursi ad uno strato di roccia che si interpone tra quelli argillosi definito in zona “sassara”, presente nella vigna vecchia.
Dalla vigna in cantina il passo è breve. Gli interventi sono pochi, non si filtra, né si chiarifica, si utilizzano lieviti selezionati per la fermentazione (sembrerebbe che si tratti di un lievito utilizzato, almeno in zona, unicamente da quest’azienda), si affina quasi esclusivamente con l’utilizzo del solo acciaio (anni fa esisteva una versione del Vigna della Congregazione affinata in barrique sui lieviti).
Aglianico d’Irpinia 2004: messo in commercio tra i 15 e i 20 euro, aglianico per l’85%, e altri vitigni per il restante 15% provenienti da viti vecchie 80 anni site in Paternopoli, prodotto in poco più di 1.200 bottiglie, è un sorso dissetante e corroborante. Il frutto è fresco e ricco, morbido, vellutato sul palato, ma grasso e denso allo stesso tempo nel cuore al momento di deglutire. Ciliegie, un contorno lieve di spezie appena appena accennate che pizzicano il palato con l’aiuto di un' acidità sottile e presente. Il tannino felpato, già ammansito, suadente, carezzevole come seta. È un rosso rubino denso, carico, dai riflessi violacei, brillante nel bicchiere. È godurioso, avvolgente, emozionante, affascinante. Affinato in solo acciaio è, insieme a quello di Alessandro Caggiano, il miglior aglianico d’Irpinia che abbia bevuto nell’ultimo anno.
Fiano Vigna della congregazione 2005: questa bottiglia, uscita in commercio da poco più di un mese, è stata da me bevuta, in una degustazione comparata con il Fiano pari annata di Guido Marsella – colui che di anno in anno contende la palma di miglior fiano ad Antoine –. Ed è in quest’occasione che si sono rivelate le differenze tra le due etichette, e soprattutto tra i due terroir, quello di Montefredane e Summonte. Il Fiano di Marsella si caratterizza per un’opulenza, una grassezza, note affumicate, un centro bocca ampio ed elegante. Quello di Antoine Gaita, per la sua mineralità, e le note di castagna secca, suo marchio di fabbrica. Al momento, però, va scritto che il Fiano di Villa Diamante ha un equilibrio ed un’eleganza straordinarie, quasi inusuali. A mio parere, al momento ha dimostrato solo in parte le sue potenzialità, ed un ulteriore affinamento in vetro non potrà che portargli giovamento. In enoteca tra i 15 e i 20 euro.
Fiano di Avellino 2004: non si tratta del “Vigna della Congregazione”, ma di un’etichetta nata per una leggera sovrapproduzione di uve avvenuta nell’annata. Così nasce questo vino, poco più di 1.300 bottiglie, un vero affare, considerato il costo – tra i 9 e gli 11 euro in enoteca –. Ricalca le caratteristiche del “Fratello Maggiore”, con un carattere più selvaggio e meno elegante. Al naso meglio che al palato, dove paga dazio in termini di persistenza.
Fiano vigna della congregazione 2004: dulcis in fundo, l’annata che, tra le ultime, preferisco. Sia al naso che al palato la nocciola e la castagna secca emergono, ma la mineralità, con sentori di pietra focaia, è predominante e l’acidità sostenuta. Insomma è il fiano che più di tutti mostra le caratteristiche peculiari della vigna da cui proviene e di cui io mi sono innamorato. Persistenza infinita e commovente.
Al di là dei gusti, un vino unico, “artigiano” come scritto in retroetichetta, che merita quanto meno l’assaggio. Durante la visita Antoine mi ha detto: “La gente ha bisogno di sincerità” ed “I vini si fanno col cuore”, non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.
Ringrazio Antoine Gaita e Diamante Maria Renna per la disponibilità, la gentilezza e l’ospitalità.
Buone bevute a tutti.
Sede a Montefredane, Via Toppole. Tel. 0825 30777, fax 0825 22920. antoine.gaita1@tin.it Enologo: Antoine Gaita. Ettari: 3,5 in conversione biologica. Bottiglie prodotte: circa 10.000. Vitigni: fiano, aglianico.
Taccuino di un giovane bevitore di Mauro Erro
Etichette: aglianico, Antoine Gaita, Fiano, Villa Diamante
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