giovedì, maggio 24

Vitigno Italia: retrogusto amaro, anche se…

Come mi è capitato di scrivere ultimamente, in fiere e degustazioni varie ho sempre un certo disagio e rimorso che mi attanaglia. Il vino, per me, è altro.
Poi succede che a Vitigno Italia conosci un ragazzo come Luca Furlotti dell’azienda agricola Sella e bevi i suoi Lessona ed i Bramaterra, rivedi Antoine Gaita di Villa Diamante e ti diverti a sentire la sua ingenua follia raccontarsi. Saluti Ciro Picariello e la moglie, bevendo con loro i Fiano che producono e lo spumante nobilmente sincero ed “artigianale” prodotto solo per gli amici, perché difficile da vendere (???). Poi ti presentano una ragazza che si chiama Arianna Occhipinti, la saluti, e lasci che ti racconti i suoi vini, il suo olio, la sua terra, ed è pura vitalità, leggiadria, fierezza. Val la pena sopportare tanta inutilità (ovvero gran parte della fiera) per conoscere persone del genere? Si, ne vale la pena!!! Non mi andava di fare la mia personale classifica di assaggi (di cui tanti superflui). Volevo raccontare Vitigno Italia in maniera diversa. Lasciarla raccontare a chi, seppure in maniera diversa, l’ha vissuta da dentro. Stavolta lascio che sul mio taccuino siano altri a scrivere emozioni e sensazioni.
Ringrazio Arianna Occhipinti e Fabio Cimmino per la cortesia che mi hanno fatto nel condividere con me e voi le loro emozioni ed impressioni, con sincerità, onestà, con la grande dignità che li contraddistingue ed il rispetto che hanno di se stessi, del vino e della propria terra. Ringrazio gli amici e compagni di viaggio del Maiale Ubriaco, che mi hanno dato la possibilità di metter su questo post a sei mani.
Mauro Erro - Taccuino di un giovane bevitore
Vitigno Amaro…

E’ martedì 22 Maggio ed ho appena lasciato gli stand di Vitigno Italia per recarmi in ufficio. Scorrono lungo i margini della strada ancora i cartelloni della manifestazione: “In vino veritas, vitigno is business”. Mi dispiace non sono d’accordo. Fin da quando quei cartelloni hanno fatto la loro comparsa per le strade di Napoli un senso di insofferenza e di disagio ha cominciato a prendere in me il sopravvento. Neanche l’entusiasmo crescente per il successo riscontrato dalle “Piccole Vigne”, l’evento-novità organizzato con Luciano (Pignataro), è riuscito al termine o quasi di questa frenetica tre giorni a risollevarmi. Anzi quell’iniezione di entusiasmo sembra aver accresciuto in me, adesso che è finita, quel sentimento di tristezza e di depressione che in questo momento mi attanaglia. Sembra come quando ti fai un tiro di cocaina che una volta passato l’effetto sprofondi nel buio più totale. Per qualche secondo, nella mente, mi balena l’idea di un “Piccole Vigne in tour” giusto per non spezzare l’incantesimo di quegli attimi e ritrovare nuova linfa ed energia. Invece no. Da domani mi aspettano le degustazioni per la Guida ai Vini Buoni d’Italia. Si ricomincia. Centinaia di vini in pochi giorni compiendo un rituale già visto e rivisto tante volte, troppe, in cui sempre meno mi ci ritrovo e di cui sono sempre più saturo e stanco: bevi, valuta, sputa!. Poi smetto, mi prendo una pausa. Mi do una scadenza, il 4 giugno, subito dopo il Tigullio Meeting, promesso. Mi riprometto un periodo “senza vino” come l’avrò promesso chissà quante volte, ormai, a mia moglie che non ci crede più o forse non ci ha mai creduto. Mia figlia (tre anni) quando vede una qualsiasi immagine riconducibile al vino dice istintivamente “il vino di papà” non importa chi, cosa o quando. Quello è “il vino di papà”. Ripenso a quello slogan. No, il vitigno NON è, non può e non potrà mai essere business. Almeno il vino secondo me. Si ricompongono davanti ai miei occhi il volto e le mani di Vignaioli veri come Pino Carrozzo e Giuseppe Fortunato (di Contrada Salandra). Uomini che ho incontrato, tra alberate puteolane ed alberelli pugliesi, a spaccarsi il culo in vigna. Mi riempio di orgoglio ogni volta che penso a loro e di potermi vantare di aver camminato, insieme a loro, le loro vigne. Sì, lo so, anche loro il vino lo devono vendere. Mi immagino buyer senza scrupoli, come chiamano oggi i moderni mercanti del vino, avvicinarli ed assaggiare i loro vini, dirgli prima ancora di mandarne giù un sorso o averne ascoltato le storie che i loro prezzi sono cari, fuori mercato per la tipologia, buoni, ottimi ma come tanti. Esattamente l’opposto di quello che a me interessa cioè raccontare proprio la singolarità di quelle storie: storie di fatica, sudore e amore per la terra. Nella cantina di un altro vignaiolo vero di Taurasi campeggia una cartello malandato e scritto a mano: vino=territorio+vitigno+uomo. In quanti minuti è possibile raccontare un territorio, quanti ne occorrono per descrivere un vitigno e la storia di un uomo. Quanti ancora per comprendere la magica combinazione di questi tre elementi. Per tacere dell’imprescindibile rapporto di un vino con il cibo. Non quello degli abbinamenti teorici, dei manuali che non servono, perché ogni vino ha il suo di cibo. Ebbene come fare a riassumere, condensare, comprimere, triturare tutta questa bellezza nei pochi istanti di un frettoloso assaggio. Fortunatamente c’è ancora chi quelle storie le vuole ascoltare ed ha il tempo e la sensibilità per apprezzarle. Chi il vino lo compra e lo vende pure, sicuramente anche per business, ma prima di tutto per passione. Piccole vigne, artigiani del vino, ecco la meta ed allo stesso tempo il punto di partenza da cui ricominciare. Quello che vale ancora la pena di raccontare. Amen!.

Fabio Cimmino

Noi delle piccole vigne…

Ventiduemaggioduemilasetteorediciottoeventisei. Ho appena finito di caricare in macchina i vini che ho cambiato con le ultime mie bottiglie rimaste. Mi piace alla fine di eventi come questi lasciare e ricevere bottiglie, perché ciò che rimane, al di là delle conoscenze commerciali che, aimè, sono importantissime sempre, sono gli incontri con le persone, con i loro caratteri e il loro modo di rapportarsi al vino, così diverso, che mi rimangono e accrescono ancor più in me quello spirito che alcuni anni fa mi ha fatto innamorare di tutta questa piccola grande storia che è il vino. Io che porto la mia Sicilia, i suoi colori, la sua forza; Ciro e Rita Picariello, con i loro sorrisi e il loro spirito campano contadino e generoso. La loro terra: Summonte. Il loro fiano, tradizionale e buono, come quello, seppur diverso, di Guido Zampaglione nella terre di Calitri, il Don Chisciotte, intenso anche per quel suo colore, frutto di una lunga macerazione, e per cui accattivante già solo agli occhi. I cantucci inzuppati nel Lambiccato di Longo, in un momento di fame dolce e ancora la timidezza rassicurante di Raffaele Boccella e di suo fratello, gli occhi dei quali, senza bisogno di parola alcuna, mi hanno comunicato il loro orgoglio di aver fatto questo Aglianico 2005. Prima annata…emozionati di fronte ai primi assaggi da parte di un pubblico che non conosci e allora ti chiedi: ....ma gli sarà piaciuto a quel tipo? In effetti ne ha voluto ancora un po’… Questo è ciò che mi rimane dentro di un salone come Vitigno Italia, al di là delle presenze in alcuni momenti mancate, al di là delle discussioni, al di là anche di qualche azzuffatella che ha reso tutto un po’ più piccante.. al di là delle fette di prosciutto di Parma e dell’allegria che ha pervaso in tre giorni l’area Cooking for wine gestita in maniera ammirevole da Luigi Cremona e Lorenza Vitali. Ciò che mi rimane sono gli occhi della gente, quella buona intendo, le loro mani, le loro teste, in uno scenario che è Napoli, città di storia e di storie, città di mare e di provincia. Dove la vita regna nei quartieri più strani, quartieri del sud, abbandonati, incompresi, ma luoghi che vengono animati di continuo da storie di gente che ha vissuto e forse conosce solo questi luoghi e per cui chiusi lì dentro inconsapevoli, ma figli orgogliosi dei loro posti e della loro gente. Grazie a eventi come questi, ho sempre la possibilità di vivere mondi diversi, conoscere realtà intense che ogni giorno inconsapevoli le une delle altre vanno avanti nei loro giorni, ma tutte unite da un'unica passione che è quella per la terra, per i suoi frutti e per la gente che ne fa parte. Al prossimo anno.

Arianna Occhipinti

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1 Comments:

Blogger violacea said...

leggendo queste belle parole non posso non ringraziare i ragazzi del maiale ubriaco. Grazie ragazzi per dare la possibilità di leggere anche l'altra parte della medaglia, grazie per la voglia di condividere gli aspetti che sempre più raramente è facile percepire in un mondo che si sta sempre più standardizzando. grazie a Fabio che più lo conosco più mi piace, peccato non aver conosciuto Arianna e la sua azienda..
grazie

25/5/07 3:43 PM  

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