La lingua nel piatto, le ricette per imparare a capire l’inglese (e gli inglesi)
Cercavamo degli spunti qui al Maiale Ubriaco, notizie, curiosità, qualcosa insomma che avrebbe stuzzicato la nostra attenzione e naturalmente quella di voi lettori.
Qualche sera fa torno a casa da lavoro, decido di stappare una bottiglia di Aglianico (ad essere precisi un Donnaluna del 2005 viticoltori De Concilis) e cucinare come di consueto una cenetta molto italiana. Fra un sorso e l’altro, con un occhio ai fornelli e l’altro al giornale, mi salta agli occhi la notizia secondo cui proprio dall’Inghilterra sarebbe partita un’iniziativa editoriale davvero interessante. Renata Beltrami, giornalista e insegnante, e Silvia Mazzola, storica dell’arte, italiane a Londra ormai da anni, avrebbero dimostrato che la cucina inglese non soltanto esiste, ma che ci si può addirittura scrivere un libro.
Nel testo d’esordio La lingua nel piatto, ricette per imparare a capire l’inglese e gli inglesi (Mursia Editore Milano – www.mursia.com) le scrittrici di origine milanese hanno deciso di farci conoscere le delizie e le tante sfumature della cucina britannica, mettendo in discussione uno dei tanti archetipi della cultura moderna e sostenendo, a ragion veduta, che in Inghilterra non si mangia male, anzi.
Addirittura The Times si dice soddisfatto e gratificato dal fatto che queste due milanesi abbiano lanciato una campagna “volta-tavolo” cercando di iniziare gli italiani alle gioie della British cooking.
Cerchiamo di capire come nasce l’idea e quali gli obiettivi prefissati da chi scrive. Cito testualmente: “ Questo libro vuole essere uno strumento prezioso e flessibile per il viaggiatore timoroso, l’anglofilo curioso e il gastronomo erudito e non. Per tutti coloro che vogliono provare gusti nuovi e ascoltare storie antiche; per chi ama l’inglese e vuole assaggiarlo nelle sue forme e nei suoi sapori e poi riproporlo agli amici con tanto di citazioni”.
Proprio cosí, un’utile guida che fa della cucina il suo punto cardine, ma che è piú di un ricettario in quanto unisce attraverso i piatti tipici della tradizione, storia e racconti di una realtà millenaria, senza tralasciare utili lezioni di lingua…of course!
Si parte dal breakfast, passando per lunch, afternoon tea e dinner. Un prezioso excursus per capire cosa e come mangiano gli inglesi, quindi il loro approccio alla tavola, etico, culturale e linguistico. Leggendo si scopre che la colazione è un momento molto intimo della giornata e si svolge in assoluto silenzio. “Il massimo che vi verrà chiesto è ‘Caffè dolce o amaro? Una o due uova ”. Si perché per un inglese il mattino non è il momento adatto per farsi due chiacchiere e ostentare la propria personalitá. D'altronde pure Oscar Wild scriveva “Le persone monotone sono perfette a colazione”.
Si scopre una Gran Bretagna non fatta di soli roast beef e fish and chips, ma di tante piccole specialità custodite avidamente nella tradizione culinaria locale. Per citarne qualcuna potremmo ricordare dolci come tricle tart e sticky toffee pudding o prodotti caseari unici come lo Stilton ed il celebre Cheddar (in tutte le sue varianti e punti di stagionatura) o ancora l’ idromele, prodotto artigianalmente nelle segrete terre del Dorset.
Fra le curiosità, onde evitare spiacevoli sorprese a tavola, le autrici spiegano che il black pudding non è una delizia di cioccolato, ma una salsiccia di sangue di maiale e rognone e che il welsh rabbit non è un coniglio gallese, ma una fonduta di formaggio servita su una fetta di pane caldo. Ci sarebbe tanto da raccontare ed il Maiale Ubriaco ha intenzione di approfondire il discorso con racconti, ricette e viaggi in un paese che ha davvero tanto da svelare. Nel frattempo il testo ci sentiamo di raccomandarlo. La lingua nel piatto, una guida cultural-culinaria per arrivare preparati all’altra parte della Manica.