martedì, luglio 31

Scorribande, pensieri e appunti sparsi

In questi giorni, qui da noi, il sole in testa scotta come non mai. La calura è prepotentemente elevata e prima della partenza per le meritate ferie di agosto, ne approfittiamo per circumnavigare in lungo e in largo il nostro tanto amato territorio; il Maiale è in viaggio, un viaggio smanioso, senza sosta, senza pause, senza freno. A volte se non conservi un appunto, se non fissi sul taccuino il prezioso ricordo di certi incontri, se non lasci una traccia, in qualche modo indelebile, rischi di far volare via tutto, insieme agli altri ricordi smarriti.
Negli ultimi giorni ne son capitate di cose, ne abbiam visti di luoghi, ne abbiam incontrate persone. Questo è il nostro piccolo pensiero ed è tutto dedicato a loro. Questo è un po' il canovaccio di ciò che vi racconteremo ad agosto, questa è una nostra breve anticipazione di ciò che sarà.
Il Maiale Ubriaco è stato a Cilentana, a Villa Matarazzo (S. Maria di Castellabate, Sa) in occasione della bella festa gastronomica messa in piedi da Welcome Cilento, da Slow Food e dal Parco per la presentazione del nuovo libro di Luciano Pignataro, Le ricette del Cilento, piccolo gioiellino e grande traccia di memoria. Del libro ne parleremo approfonditamente più in là, della serata invece ricordiamo con profondo piacere, il lungo e sentito intervento di Geppino D'Amico, l'ennesima conferma del Kratos 2006 di Luigi Maffini, l'ulteriore bella prova del fiano base di Alfonso Rotolo e la Rivisitazione della Lagana e Ceci di Cicerale (con croccante di Pancetta di Casaletto Spartano, cupolina di Manteca di Cervati manipolato alle Alici di Menaica e confit di San Marzano) opera de La Cantinella sul Mare di Villammare.
Il giorno seguente è stata poi la volta di una piacevole Notte in Bianco ai Sediari (alle spalle del Duomo di Salerno). Una nuova grande scoperta per noi è l'incontro con Andrea Centrella e il suo interessantissimo Greco di Tufo Selvetelle, un vero greco di razza, un rosso travestito da bianco, ci piace, continueremo a berne e anche in questo caso ne riparleremo sul finire dell'estate; particolamente indicata la proposta dello chef Romolo Pappalardo, spiccano di sicuro lo Sformatino di spaghetti con fiori di zucca e alici, gli Involtini di melanzane con pesce spada e la dolcissima chiusura finale con un dolce alle carote e alle nocciole di Giffoni.
Meritano una parentesi a parte nel nostro racconto le cene e le feste notturne in terrazzo di questi giorni, al fresco, con dei vini semplici ma che serviti freschi ci deliziano di piacere: Est! Est! Est! di Falesco ad esempio, ineguagliabile rapporto qualità/prezzo (non amo certi prodotti, ma quando ci inciampo dentro non posso non parlarne bene! bene! bene!). Testiamo l'ennesima sperimentazione di Stefano con un delicatissimo Risotto alla zucca e limone, poi è la volta di un'eccellente pomodorino in vetro (che verrà commercializzato a breve) con uno spaghetto di Setaro servito con un soffio di pecorino e tre foglie di basilico, ancora insalate fresche ed estive, varie quiche che preannunciano i nuovi lidi parigini per qualcuno, e mentre sta per arrivare il nuovo giorno travolti dall'impazienza proviamo il nostro limoncello che in cantina è ancora ad affinare. Quanti racconti gonfi di soddisfazione, quanti progetti, quanti voli pindarici...
Poco tempo per dormire! Si fugge a Cava de' Tirreni a Santa Maria del Rifugio per fare tappa quie poi passare ad una lauta cena da Pappacarbone a base di More Maiorum 2001. Buonissimo il Pacchero di Vicidomini, l'Hamburger di tonno e una piacevole sfogliatina finale offerta dalla casa.
Passa qualche ora et voilà siamo già a domenica, ora di pranzo, Sorbo Serpico. Infinita soddisfazione è ciò che abbiam provato da Marennà: vento, materiali, dettagli. L'esperienza merita un secondo post esclusivo quale ripasso e integrazione a ciò che Riccardo Vecchio ha scritto un mesetto fa, ragion per cui non vi anticipo nulla!
Il modo migliore per chiudere queste righe è senza dubbio il sorbetto al limone della Villa Comunale di Salerno: tutto cambia nel mondo, tutto si evolve e diventa un po' global, ma lui resta uguale, inamovibile, con lo stesso gusto di sempre, nello stesso chiostro, preparato con gli stessi limoni di quando la nonna ci accompagnava da piccoli. Son sicuro che qualcuno capirà e apprezzerà.
Questo secondo noi è il modo ideale per concludere uno splendido week end.

Giacinto Chirichella

Etichette: , , , , ,

sabato, luglio 28

Busiate al pesto trapanese e peperoni dolci

Oggi siamo in Sicilia, metaforicamente, con un piatto che sa tanto di terra, ma che trovando le sue radici a Trapani, non può altro che ricordarci gli stupendi paesaggi marini locali. Inoltre questa ricetta è espressione tipica di una cucina estiva, povera e senza pretese, incantevole in tutta la sua semplicità. In dialetto le busiate (bucatini) sono meglio conosciuti come pasta cull’agghia, cioè all’aglio, che qui è l’ingrediente principale (alla faccia di chi lo vorrebbe abolire dalle tavole) e si presentano in diverse varianti; con le patate, le melanzane, addirittura con del tonno fresco e profumate alla menta. Il maiale ubriaco ci ha messo del suo, accostando al sapore deciso di questa pietanza dei peperoni rossi dolcissimi, provenienza costiera cilentana. Il risultato..lascio a voi l’ultima parola. Buon appetito. A presto!

Ingredienti x 4 persone

500 gr. di bucatini freschi
300 gr di pomodori maturi
6 spicchi d’aglio
40 gr. di mandorle pelate
2 peperoni rossi dolci
un piccolo mazzetto di basilico
olio extravergine d’oliva
sale
pepe

In un mortaio pestare insieme l’aglio, il basilico, le mandorle ed i pomodori precedentemente pelati e privati dei semi, aggiungendo un filo di olio extravergine. Condire con sale e pepe ed amalgamare bene gli ingredienti, aggiungendo se necessario altro olio d’oliva.
Nel frattempo tagliare i peperoni in strisce sottili ed ammorbidirli in padella per qualche minuto con un filo d’olio e un mestolo d’acqua. Ultimata la cottura, unire al pesto e mettere da parte.
Cuocere la pasta in abbondante acqua salata, scolare al dente e continuare la cottura per qualche istante nella padella col sugo. Servire ben caldo, aggiungendo, se gradite, una spolverata di ricotta stagionata di capra.

Remo Morretta

Etichette: , , , ,

mercoledì, luglio 25

Tiramisù al limoncello

Qualche tempo fa, neanche tanto e aspettando l’estate piena, abbiamo parlato a lungo ed approfonditamente di limoncello. Celebrammo in quella occasione il centesimo post del Maiale e la produzione, tutta campana, del famoso liquore. Ora, le nostre bottiglie, qualcuna già aperta e bevuta, se ne stanno in dolce attesa al fresco e al buio della cantina; aspettando d’essere gustate o impiegate in fresche e succulente preparazioni. Devo dire (e proverò a farlo) che in occasione di una bella festa da poco celebrata, ho realizzato un ottimo gateau di patate al limone e mentuccia. Mi piaceva l’idea di mettere nell’impasto una goccia di limoncello… qualcuno mi ha trattenuto dal farlo ma l’idea ancora mi affascina. Comunque: oggi il Maiale vi propone una variante del classico tiramisù. Il tiramisù al limoncello nasce con l’idea di sfruttare un ingrediente principe della nostra terra, e la voglia di rendere la preparazione più fresca e appetibile, considerando il caldo, l’estate e il desiderio di gustare qualcosa di fresco al termine d’una cena leggera a base di erbe aromatiche e, perché no, limone. Aspettando di servire il dessert potrete sbizzarrirvi nel cucinare qualsiasi cosa, dall’antipasto al secondo, in cui vi sia la presenza del frutto dorato. Un menu a base di limone, che si concluda con questo delizioso dolce la cui freschezza sarà abilmente contrastata da una sbriciolata di amaretti ed un pizzico di cannella appena ridotta in polvere.

Ingredienti

x 1 Pan di Spagna medio

6 uova
6 cucchiai di zucchero
6 cucchiai di farina
Scorza di limone grattugiata

Sbattere i rossi con lo zucchero, unire le chiare montate a neve e la scorza di limone grattugiata, amalgamare il tutto ed infornare a 175 – 180°.

x il ripieno

250 g di mascarpone
3 uova medie
120 g di zucchero
150 g di panna montata
1 dl di acqua
1 dl di limoncello
1 bicchierino di limoncello
Amaretti sbriciolati q.b.

Montare lo zucchero con i tuorli. Aggiungere il mascarpone e la panna, poi le chiare montate a neve ed infine il bicchierino di limoncello. Amalgamare il tutto. Disporre il pan di Spagna tagliato a fette sul fondo di una pirofila da frigo. Bagnarlo con l’acqua e il limoncello. Cospargere con una sbriciolata di amaretti, versare la crema precedentemente preparata quindi ripetere l’operazione andando a creare un secondo strato. Concludere decorando con fettine di limone, scorzetta di limone a fili, amaretti sbriciolati e poca cannella in polvere.Riporre in frigo. Prima di servire lasciare qualche minuto fuori dal frigo a temperatura ambiente.

Stefano Tripodi & Daniela Caselli

Etichette: ,

domenica, luglio 22

il Vino dei Blogger Numero Nove: Ricordo ed Emozione

Il vino è la poesia della terra.
Mario Soldati

Questo non è un post, ma un invito!
La storia del Vino dei Blogger inizia qui. Da quella simpatica intuizione di Marco Grossi di Imbottigliato all'origine son già passate 8 edizioni. Nell'ultimo round il buon Mirco Mariotti di Blog & Wine ha passato il testimone al Maiale, ragion per cui eccoci al lancio ufficiale del nono capitolo: il Vino dei Blogger #9.
Il nostro approccio è sempre lo stesso: schiettezza, convivialità, tecnicismi ridotti all'essenziale, poco stress, rilassatevi, niente fiction, niente eno-chic etno-trend dandy-snob freak-abbestia! Il vino è civiltà, tradizione, storia, testimonianza, confronto, sacrificio, gioia, lotta, speranza così Il tema che abbiam scelto per il mese di agosto è quello del Ricordo e dell'Emozione; d'accordo non è molto estivo, sicuramente più autunno-invernale, come un racconto davanti al camino a mangiar castagne, ma forse siamo un po' nostalgici e malinconici, ed in fondo ci piace così.
Parlateci quindi di un vino che vi ha emozionato, entusiasmato, di un vino che è legato ad un ricordo particolare, ad una persona, ad una situazione, ad un luogo. Va bene qualsiasi tipologia: bianco, rosso, rosato, liquoroso, spumante, novello, biologico, sfuso, legno o acciaio, autoctono o meno, provato da botte o consumato al ristorante, mignon o magnum... l'importante è che abbia emozionato e lasciato qualcosa nella memoria, nel bene o nel male, questo è ovvio!
L'invito quindi è rivolto un po' a tutti: esperti, giornalisti, blogger, amatori, principianti, semplici appassionati, produttori, l'unica regola da rispettare sarà quella di postare il tutto giovedì 2 agosto 2007, e di comunicarcelo con una mail o con un commento; dopodichè nei giorni successivi aggregheremo tutti i pezzi in un unico post finale riepilogativo. Chi non ha un blog ci contatti via email che in qualche modo ci si organizza.
Ci divertiremo e ne approfitteremo per salutarci prima delle brevissime vacanze estive! Sarà un'occasione per una chiacchiera con vecchi e nuovi amici e come al solito credo sia tutto semplice come bere un bicchiere di vino!
Chi è dei nostri?

Giacinto Chirichella

Etichette:

venerdì, luglio 20

Quando il panino incontra lo chef degli chef...

Si tratta proprio di colui per il quale aggettivi come geniale e visionario giustamente si sprecano, quel Ferran Adriá che dalle sue cucine laboratorio di Roses in Catalogna detta legge nel mondo dell’alta gastronomia, e vanta tavole che valgono un’attesa anche di mesi, per gli adepti - giacché di culto trattasi - ansiosi di vivere un’esperienza assolutamente multisensoriale .
Possiamo peró trovare il suo tocco anche nella peculiare versione di fast food (equivalente in spagnolo comida rápida, of course) creata in collaborazione con il gruppo alberghiero NH, con proposte elaborate a partire da ingredienti di ottima qualitá in un ambiente informale ma estremamente curato, che a Madrid attrae una clientela del tutto eterogenea (qui, oggi, sono nel quartiere degli affari AZCA ma c’é di tutto, dai colletti bianchi alle signore in pausa dallo sfrenato shopping dei saldi, ai gruppetti di ragazzini che non vogliono rinunciare all’hamburger).
Dunque, design colorato, sedute e lampade Kartell per il godimento degli occhi e a disposizione un ventaglio di proposte che a mio parere sono un felice connubio di allure ed ingredienti tra il local ed il global: Fast good vende patatine si, ma diversissime da quelle che troviamo nei locali con la grande M gialla perché cotte in olio extravergine d'oliva, e poi insalate da condire con aceto balsamico e, perché no?, olio evo spremuto a freddo, panini con gli amatissimi pimientos del piquillo pimientos del padrón' (piccoli peperoni verdi dolci) e per andare incontro ai piú golosi, tradizionali flan e arroz con leche (rispettivamente, crema di latte tipo crème caramel e riso al latte preparati con uova biologiche e latte intero, qui tutti ci sono cresciuti!)
Ma naturalmente, i duri e puri del fast food come lo conoscevamo fino a ieri troveranno soddisfazione nel panino con la carne che ho scelto oggi anch'io a pranzo. Ebbene, test superato: pane fresco e croccante, insalata e pomodori compatti, carne gustosa e cucinata al momento: un hamburger insomma che non ha bisogno d'altro e che fa il suo mestiere rendendoti sazio e felice. Niente male per un concetto che si é rivelato qualcosa in piú di un fenomeno di moda: chi ha piú voglia in pausa pranzo di quella triste insalata consumata in compagnia del computer?
Angie Musci

Etichette: , , , ,

mercoledì, luglio 18

Bocconcini di frittata con peperoncino e menta selvatica

In Basilicata d’estate le preparazioni non differiscono molto da quelle invernali. Nel senso: una delle peculiarità della regione, gastronomicamente parlando, è la “necessità”, direi, tutta umana, di accostare sapori decisi alla schiettezza suprema del raccogliere ciò che la natura offre spontaneamente. La raffinatezza non è propria di questa gente. Ciò non allude a nulla di sconveniente; semplicemente i lucani vivono di ciò che sono, e non c’è cosa più bella, semplice e naturale. Fanno quello che possono come naturalità condivisa crea e rende tangibile. Vita contadina insegna: meglio pan condito che pan sciapito. La ragione, quella che brama di creare, si scontra in questo con la testardaggine e la semplicità. Un’arrendevole esserci perché così è. Un tentativo di pensarci che scolora nei toni scuri di un amaro fatto in casa, una pizza con le uova, e il biancomangiare (ne parleremo) che rallegra i volti di chi tutto il giorno smuove terra, nei campi, in un arcaico movimento di braccia. Quando il sole s’abbassa e l’odore della paglia raccolta riempie l’aria, arrivano le donne. Colme, sul capo, di ceste cariche di cibo. Pane, olio, pasta cotta in forno, verdure cucinate, uova e vino. In mezzo a molte ceste sta questa nostra preparazione. Si suole dividerla in tranci ma noi la proponiamo come deliziosi bocconcini. Così arriviamo ai giorni nostri, alle nostre tinte. Pensiamo ad un ricco aperitivo di montagna. Vino fresco e profumato. Liquori aromatici per il dopocena e donne bellissime e boteriane che girano intorno quasi danzassero. Piccoli deliziosi contenitori di porcellana che contengono mille mini-preparazioni. Da sbocconcellare. E qualcuno, boccone dopo boccone, mentre il vino fa magma, ricorda e riassume il senso di una vita nei campi, almeno una, nelle valli lucane.

Ingredienti x 6-8 persone

10 uova fresche
Peperoncino fresco
¼ cipolla bianca
Olio extravergine
Menta selvatica
Latte
Sale q.b.

Sbattere le uova con una frusta. Soffriggere cipolla e peperoncino tritato grossolanamente indorando senza bruciare. Aggiungere alle uova insieme con un ricco trito di menta selvatica. Aggiungere una goccia di latte intero ed un pizzico di sale. Nel tegame del soffritto aggiungere una goccia d’olio e versarvi il tutto. Lasciar crostare a fuoco medio, quindi cuocere col coperchio a fiamma bassissima. Girare la frittata, crostare l’altro lato e lasciar riposare. Una volta raffreddata tagliare in piccoli bocconi e servire con pane caldo e vino in caraffa.

Stefano Tripodi

Etichette: , , ,

domenica, luglio 15

Conserva di melanzane al pomodoro + orecchiette di Gragnano

Questo è un post doppio!
Di questi tempi, nonostante la mia immensa passione per la cucina, proprio non ce la faccio a passare troppo tempo ai fornelli. Il caldo avanza finalmente anche da queste parti e mi preparo alla mia piccola, intensa estate tutta meridionale. Si, perché trascorrerò un po’di giorni nel posto che tanto amo fin da bambino; Scario, un piccolo borgo marinaro nel cuore della costiera cilentana. Ve ne parlo quanto prima, che dite?
Ma ritorniamo alla proposta di oggi. Vi propongo una buona conserva di melanzane, che potrete preparare magari prima di partire per le vostre vacanze ed utilizzare quando e come meglio vi pare. Io consiglio di abbinarla ad un buon piatto di pasta oppure utilizzarla per condire una buona pizza! Taglio corto, vi propongo le mie due semplici ricette e vado a preparare le valigie.
Ah…buon appetito!

Conserva di melanzane al pomodoro



Ingredienti x un barattolo da un litro

2 melanzane
10 pomodori maturi
2 spicchi d’aglio tritati
2 cipolle rosse tritate
6-7 cucchiai di olio extravergine d’oliva
1 mazzetto di prezzemolo
2 foglie di alloro
un pizzico di zucchero
sale
pepe

Preparare il barattolo, lavandolo in acqua bollente ed asciugandolo con cura.
Lavare le melanzane e tagliarle a fette spesse. Pelare i pomodori. In un tegame far rosolare con l’olio extravergine d’oliva, l’aglio, le cipolle, il prezzemolo, i pomodori, aggiungere un pizzico di zucchero, salare e pepare. Dopo qualche minuto aggiungere le melanzane e le foglie di alloro, aggiungendo acqua fino a metà altezza del tegame. Lasciar cuocere a fuoco basso per circa un’ora, fino a quando le verdure saranno ben ridotte. A questo punto riempire il barattolo con il composto e chiudere ermeticamente. Inserirlo in una pentola, coprire d’acqua e far bollire per un’ora circa; far raffreddare all’interno della pentola. Riponete la conserva in un luogo asciutto e al riparo dalla luce.


Orecchiette pastificio Di Martino (Gragnano) e melanzane


Ingredienti x 4 persone

400 gr. di orecchiette
1 kg conserva di melanzane al pomodoro
100 gr. ricotta di capra al forno
Sale

Semplicemente, saltare la conserva di melanzane in padella per qualche minuto e mettere da parte. Intanto cuocere la pasta in abbondante acqua salata. Scolare ben al dente e continuare la cottura per qualche minuto nella padella col sugo di melanzane. Impiattare e servire ben caldo aggiungendo una abbondante grattugiata di ricotta di capra.

Remo Morretta

Etichette: , , , ,

venerdì, luglio 13

Quando all’universo girano le palle!

Un blog come il nostro, che parte dal territorio del sud Italia per aprirsi alle sfide dell’Europa, non può trascurare la questione etica del mondo bio; ne abbiam parlato in passato e continuiamo a farlo ora con un grande spostamento dell'asse e un viaggio schietto con la solita voglia di esplorare e di sensibilizzare. La qualità di ciò che mangiamo non vale nè più, nè meno delle abitudini di vita e dall'ambiente in cui viviamo. Il Maiale Ubriaco presenta Mirko Scavino, siciliano trapiantato in Campania, musicista, dj, prossimo alla laurea in architettura.

...ricordo che ai tempi della scuola il tema sull’inquinamento era davvero il mio preferito! Avevo in mente tutte le nozioni e se non ricordavo qualcosa sapevo in quale preciso punto del libro di geografia andarla a pescare: falde acquifere, scorie tossiche, scioglimento dei ghiacciai, senza dimenticare il buco dell’ozono! Passaggi fondamentali per snocciolare frasi ad effetto necessarie per accaparrarsi un buon voto. Ahimè, il voto era anche l’unica cosa concreta, il resto era pura fantasia: non riuscivo a figurarmi ciò che scrivevo dal momento che era tutto così aleatorio e intangibile!
Oggi però le cose son cambiate e di certo quel bambino che ero avrebbe compreso meglio l’argomento se, uscito dall’aula, avesse indossato solo una giacca di cotone nel mese di gennaio o se, tornando a casa, avesse visto in tv servizi su orsi che non vanno in letargo, fiori che sbocciano con sei mesi d’anticipo e previsioni meteo apocalittiche.
Da qualche giorno (ma ancora se ne parla in giro un po' ovunque!) si è conclusa la maratona musicale ambientalista degli eco-concerti di Live Earth 7/7/07 messa in piedi da Al Gore contro l'inquinamento e il surriscaldamento del pianeta, con il nobile obiettivo di attirare l'attenzione sulle cause, gli effetti e le conseguenze dei mutamenti climatici. Tra un paio di settimane invece, proprio qui in casa nostra (in pratica dietro l'angolo!), si darà il via a PowerStock primo festival dedicato alla sostenibilità ambientale che si terrà nella cornice suggestiva del Parco Eolico di Albanella (sa). Ciò probabilmente è la prova, che questo è l'ultimo momento utile per prendere consapevolezza dell'accaduto e costatare che il clima è messo davvero male; praticare un atteggiamento più propositivo è davvero il minimo che si possa fare! La nostra civiltà ha messo in moto un processo di mutazione ambientale davvero distruttivo, con una rapida evoluzione e con un'accelerata come mai visti prima. Dovremmo porci delle domande soprattutto dal punto di vista etico ed antropologico.
L’emissione di CO2 (il gas che fa aumentare la temperatura della terra) aumenta senza freno e se consideriamo che nel 2100 la previsione è pari ad un aumento di 5,8°C e che il cittadino europeo trascorre il 90% della propria vita nello spazio costruito, è facile giungere alla conclusione che il sistema abitativo, è tra quelli maggiormente responsabili.
Non c’è da scandalizzarsi dunque se si sente parlare della necessità di un totale e radicale stravolgimento dell'architettura, e soprattutto della sua progettazione. Da questo presupposto infatti nasce la moderna bio-architettura (o architettura sostenibile) con l'obiettivo di garantire comfort all'uomo, ascoltando e assecondando la natura, interpretando la casa come una terza pelle, riducendo sensibilmente i costi sia durante la fase costruttiva che successivamente in termini di consumo energetico.
Un Back in the days ci porta a ricordare i sassi di Matera o le piccole case siciliane in pietra lavica (di cui si è parlato sul Maiale), ma anche i trulli di Alberobello e i nuraghi sardi, quale simbolo e testimonianza della storia della nostra vecchia civiltà. L'istinto dell'uomo dovrebbe essere quello di costruire in armonia con l'ambiente, sporcandosi le mani con i materiali locali, pensando a forme consone all'ambiente, valutando il clima, la posizione, i venti, il sole.
Risulta chiaro dunque che con tali premesse, l’intero atto di progettazione viene a necessitare di una serie di competenze che non possono, eccezioni a parte, trovare tutte sede nella figura del singolo architetto e che quindi bisogna modificare anche l’offerta formativa degli atenei, proponendo nuove figure professionali, dove la funzione del progettista sarà di tipo coordinativo.
Personalmente, in tutta questa rivoluzione, rintraccio un ultimo ma non meno importante input, che concerne più l’aspetto formale dell’architettura. Spero di non esagerare dicendo che così come quel genio quale era Le Corbusier, trovò nel cemento armato (il nuovo materiale) la chiave per una nuova idea di architettura, e la base su cui poggiare i pilastri che reggevano tutta la sua teoria, così ora i nostri giovani architetti o futuri tali, si ritrovano di fronte a qualcosa di inesplorato, a una novità assoluta, a un modo di concepire, come già detto, il progetto d’architettura in maniera totalmente diversa e dunque potenzialmente capace di generare un architettura totalmente nuova.
Ne parleremo ancora, forse.

Mirko Scavino

Etichette: , , , ,

mercoledì, luglio 11

Italia - Germania: atto quarto

C’è chi ricorda la serata del 18 giugno 1970, stadio Azteca: è il sesto minuto del secondo tempo supplementare, Boninsegna crossa basso da sinistra e Rivera in allungo con il piatto destro infila Maier portandoci sul 4 a 3, risultato che ci aprirà le porte della finale mondiale con il Brasile. Chi invece, ha ancora nelle orecchie l’urlo straziante di gioia di Tardelli e negli occhi l’esultanza del presidente Pertini nella finale dell’82 al Santiago Bernabeu. Altri, i più giovani soprattutto, che al sentir il commentatore urlare il nome di capitan Ca(nnn)avaro, sobbalzano dalla sedia, perché quello è l’incipit della poesia scritta a otto mani, pardon a otto piedi, il cui verso finale, lasciato a Del Piero, soavemente ci porterà alla finale di Berlino 2006. Uno scontro Italia – Germania porta inevitabilmente queste immagini alla mente. Il 5 luglio 2007, presso l’azienda vitivinicola Vadiaperti, sita in Montefredane in provincia di Avellino, si è svolto l’incontro tra i Riesling tedeschi ed i Fiano di Avellino. Intorno al campo di gioco sedevano i giudici, speriamo imparziali, Raffaele Troisi, patron dell’azienda Vadiaperti, Raffaele Del Franco, Giuseppe Presutto dell’Ais delegazione Salerno, Vittorio Guerrazzi e Gaspare Pellecchia dell’associazione Terra di vino, di quest’ultimo potete leggere il resoconto della serata a questo indirizzo – Fabio Cimmino, giornalista, selezionatore della squadra tedesca, che come ha scritto ultimamente Tommaso Farina: “apre un blog tutto suo, e non dice niente a nessuno” - euthimya.spazioblog.it - oltre il sottoscritto. Le regole del gioco, tacite, mai espresse, ma riconosciute dai presenti, prevedono che ognuno di noi abbia tutto il tempo per ascoltare ogni vino con calma e senza fretta alcuna, che sia obbligato ad esprimere la sua opinione liberamente e a parlare attraverso aneddoti, storie, esperienze personali vissute; che nessuno si azzardi a degustare, valutare e sputare il vino, perché rischierebbe la fisica rappresaglia degli altri. Il vino, va bevuto. Sbirciando sugli appunti degli altri, ringraziando dio, non mi sembra di vedere punteggi o numeri.La prima azione di gioco contrappone il Riesling kabinett trocken 2005 dell’azienda Karthäuser, (11,5%), al Fiano di Avellino 2005 dell’azienda Marsella, (14,15%). Il tedesco fa del gioco duro la sua migliore caratteristica, maschio, come ben detto da Gaspare, verticale nella sua trama, acidità e sapida mineralità le sue virtù. Ma sulla distanza, un’oretta dopo, come noterà Giuseppe Presutto, liberatosi dagli imbarazzi e dalla timidezza iniziale, si svelerà in maniera compiuta alla platea che l’osserva. Il Marselliano fiano ha dalla sua la maggiore potenza di odori e aromi di tutta la batteria, un’opulenza in grado di stordire il naso, mostra, ostentandole, le sue grazie come una donna vanitosa. Ma al palato ha un filo di alcool in eccesso e la freschezza è un pizzico in ritardo, fattore che in alcuni farà supporre un’evoluzione nel tempo di questa bottiglia non lunghissima. È di quei giocatori dotati di indiscussa classe, scarta, dribbla, salta, ma alla fine invece di buttare la palla in rete, si perde in concretezza. Narciso.È la volta del Riesling trocken 2005 dell’azienda Dr Von Bassermann-Jordan, (12%), che se la vedrà con il Fiano di Avellino 2005 dell’azienda Clelia Romano (13%). Il tedesco, contrariamente al compagno che l’ha preceduto, è femminile nel suo incedere, naso e palato si caratterizzano per la dolcezza, sembra di entrare in una pasticceria come giustamente osserva Raffaele Del Franco: un caldo tepore e una aggraziata femminilità mai stucchevole, dovuta alla acidità che in questi vini pensati per l’invecchiamento è sempre presente, alla mineralità, maggiore o minore a seconda della zona di provenienza, ma mai manchevole, ed un eccesso di solforosa che solo il tempo attenuerà. Sul “tre bicchierato” Fiano di Clelia Romano nutrivo non poche aspettative, per una bottiglia che non mi ha mai convinto rispetto ad annate precedenti per me superiori. Ma la possibilità di ricredermi non mi è stata concessa per la bottiglia sfortunata che presentava evidenti difetti al naso ed al palato. La partita entra nel suo clou. In successione i tedeschi schiereranno: il Riesling kabinett trocken 2005 dell’azienda Emrich-Schönleber, (12%), tosto, maschio come il primo, ma con una complessità maggiore, indice per me di un passo diverso che me lo fa preferire. Il Riesling trocken 2005 dell’azienda Gunderloch, (12,5%), femminile come il secondo, naso e palato molto belli, floreale, lo definirei il trequartista tedesco. Gli italiani rispondono con il Fiano vigna della Congregazione 2002 e 2003 di Antoine Gaita. Di queste bottiglie ho scritto e detto fin troppo. Due fuoriclasse. Alcuni hanno preferito l’uno, alcuni l’altro. Ed ancora, Fiano di Avellino 2006 e, intruso, “l’oriundo” della squadra italiana, il Greco di Tufo 2006, targati Vadiaperti. Prendete nota di questi due giovincelli che in futuro faranno parlare di sé. Fanciulli dalle bellissime speranze. Ma ecco la punta di diamante tedesca, Riesling trocken 1996 dell’azienda Heinrich Braun, (12%). Fabio Cimmino ha detto: “il non plus ultra del dolce non dolce.” Sottoscrivo. Standing ovation. Prima di questo hanno sgambettato senza grandi successi, il Riesling spätlese trocken 2005 dell’azienda Dr Pauly Bergweiler, (11,5%), pareva birra piuttosto che vino, e la sua versione riserva, il Riesling trocken 2004, (12,5%), sapido, ma niente di più. Gli italiani concludevano con il Fiano di Vadiaperti 1996, purtroppo andato, il Fiano More Maiorum 1995 di Mastroberardino, anch’esso finito, e l’inaspettato 1997 della versione base di quest’ultima cantina. Inaspettato non tanto per la sua qualità complessiva, è sul viale del tramonto, ma per alcuni colpi di classe che ha saputo riservare e che mai ti aspetteresti dalla versione più semplice di questa azienda destinato ad una vita da mediano.A questo punto, a briglia sciolta, le chiacchiere esulavano dal vino per finire ai più disparati argomenti: dalla politica italiana a quella mondiale, dai viaggi a Fidel, fino alle donne, in stilnovistica maniera, ovviamente. Il tutto condito da uno spaghetto di mezzanotte, tra riuscite battute, alcune sigarette, e qualche habanos. In conclusione, propendo per un sostanziale pareggio, ai punti forse, il gioco corale dei tedeschi, rispetto a quello degli italiani minato da alcune defezioni, ha la meglio. La bella serata, di quelle che io vo cercando, volgeva al suo termine. Non prima di aver stappato per brindare uno champagne di Gerard Dubois blanc de blanc, giusto per ricordarci che agli ultimi mondiali, le abbiamo sonoramente date ai cugini transalpini. Esco fuori. La notte buia, misteriosa e maliarda, come lo può essere solamente per un ragazzo di città come me, ammanta la lussureggiante campagna avellinese attorno, di cui odo lo stormire alla brezza fresca, pura e rarefatta, che mi riempie i polmoni di giusta serenità. Grazie amici, grazie di cuore.
Mauro Erro - Taccuino di un giovane bevitore

Etichette: , , ,

lunedì, luglio 9

Quando lo yogurt è fatto in casa

Ultimamente mi sono accostato ad uno stile di vita più sano. Verdure e frutta direttamente dal mio giardino (quando capita), mercato del pesce ogni domenica, una piccola bottega contadina locale di cui vi parlerò presto, dove pane, uova e formaggi freschi non mancano davvero mai…e adesso pure questo. Ho deciso di prepararmi lo yogurt a casa. Buono, fresco e sano, insomma proprio quello che ci vuole in questo periodo dell’anno (la nostra tecnologa alimentare Elenoire mi darebbe una bella pacca sulla spallla!). L’idea mi è venuta leggendo uno degli ultimi libri del mitico Jamie Oliver. L’ormai famoso Naked Chef britannico descriveva la sua esperienza italiana (quanto è piccolo il mondo) in cui avrebbe per la prima volta preparato con le sue mani un gustosissimo yougurt. Ho colto la palla al balzo, raccolto una serie di ingredienti di prima scelta e aggiunto all’indice del maiale ubriaco un'idea semplice quanto originale. Provate!

Ingredienti x un litro di yogurt

1 litro di latte intero (freschissimo)
500 ml di yogurt naturale

Portare ad ebollizione il latte, allontanare dal fuoco e lasciar riposare per 40 minuti circa. A questo punto aggiungere lo yogurt naturale, mescolando con un cucchiaio di legno per qualche istante; coprire con un coperchio e lasciar riposare a temperatura ambiente per 8-9 ore. Trascorso questo tempo il latte si sarà trasformato in uno yogurt denso e cremoso. Ricordate però che otterrete una consistenza diversa a seconda del tempo di fermentazione e della qualità degli ingredienti. Uno yogurt più denso richiede latte più grasso e una fermentazione più lunga!
Versare il tutto in una ciotola e raffredare in frigo, dove lo yougurt potrà essere conservato fino ad una settimana. Una volta pronti all’assaggio aggiungete pure della frutta frusca, noci o cioccolato fondente, rendendo il vostro yogurt veramente speciale. Io l' ho provato cosi..

pistacchi, pinoli e miele di eucalipto
more (quelle del mio giardino)
cannella e zucchero vanigliato

Remo Morretta

Etichette: , , ,

venerdì, luglio 6

Scaroletta stufata con zucchine al pepe bianco

Questo è un post light!
Il Maiale oggi vi propone una preparazione velocissima.
Verdura di stagione cucinata poco o per niente con l’intento di mantenere quanto più è possibile i sapori e la freschezza. Siamo andati al mercato, abbiamo comprato 2 cespi di scaroletta liscia e riccia, poi una manciata di zucchine siciliane, dal sapore delicato e il caratteristico colore verde pallido. L’idea è di non appesantire troppo con cotture prolungate ma di bilanciare il cotto col crudo per venire incontro ad una tavola estiva, veloce e profumata. Immaginiamo anche di poter preparare questo piatto in qualsiasi circostanza: in spiaggia o in montagna, in campeggio o durante una scampagnata. Basta solo avere a portata di mano, oltre che la materia prima, un po’ d’olio, uno scalogno, una spezia, sale ed un fornellino da campo. Accompagnamo il piatto con un buon pane integrale ed un bicchiere di bianco fresco e non troppo gradato.

Ingredienti x 2 persone

2 piccoli cespi di scarola
1 zucchina di Sicilia
1 scalogno
1 cucchiaio di vino bianco secco
2 cucchiai di olio extravergine
½ limone
sale
pepe bianco
semi di finocchio selvatico

Lavare ed asciugare la scarola. Privarla delle foglie esterne meno tenere, eliminare la parte di gambo finale. Stufarla in padella con un trito di scalogno, una presa di sale e una buona manciata di pepe bianco. Sfumare a cottura quasi ultimata con il vino bianco, quindi procedere per altri 2 minuti. Spegnere la fiamma e tenere in caldo.
Lavare ed asciugare le zucchine, spuntarle e ridurle a julienne non troppo sottili. Emulsionare in una ciotola poco olio extravergine, il succo di ½ limone, una presa di sale, pepe bianco e alcuni semi di finocchio selvatico, quindi condire le zucchine. Disporre la scarola in 2 ciotole ed adagiarvi sopra le zucchine. Terminare con una spolverata di pepe.
Stefano Tripodi

Etichette: , , ,

giovedì, luglio 5

Piedirosso Campi Flegrei DOC 2006, Cantine Federiciane Monteleone.


Dum saltant atavi patet excellentia vini.
Regimen Sanitatis Salernitanum,
Scuola Medica Salernitana.


Oggi parliamo di Piedirosso. Uva tipica della zona campana, localmente chiamata Pèr 'e Palummo, deve il suo nome alla colorazione rossa del raspo, che a maturazione ormai prossima, ricorda la zampa di un piccione. Le origini di questo vitigno sono davvero antichissime, dal momento che era noto fin dai tempi della Campania Felix di Orazio e lo ritroviamo anche nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, citato col nome di uva colombina.
Vitigno autoctono campano dicevamo, o meglio ancora partenopeo, dal momento che è maggiormente diffuso nelle aree vulcaniche della provincia del napoletano; ed è proprio dalla terra sabbiosa del Vesuvio che provengono le uve utilizzate dall'azienda vinicola in questione, ovvero la Cantine Federiciane Monteleone.
Questa realtà, attiva da poco più di dieci anni, si caratterizza per la produzione di vini tipicamente tradizionali e territoriali quali il Piedirosso, il Gragnano e la Falanghina. Ma veniamo al Piedirosso, che nella versione 2006 sembra essere una garanzia non solo in questa zona.
La vite è a franco di piede e la tecnica di conduzione dei vigneti è diversa dal resto d'Italia, infatti qui è ancora in uso l'antica potatura alla puteolana.
Una bella bottiglia, dal costo contenuto (in enoteca siamo sui sei euro), col tappo rigorosamente in vero sughero. Il colore del vino è di un rosso rubino intrigante, molto scuro, con dei riflessi tendenti al viola. Al naso è inconfondibile il tipico sentore, per qualcuno anche un po' banale, del piedirosso, ma lasciatelo aprire un po', perchè la vera sorpresa di questa bottiglia è che seppur molto giovane, seppur da consumare in fretta tra questa estate e l'inizio dell'autunno, seppur semplice come tipologia, con una buona oretta di ossigenazione evolve verso una maggiore eleganza. Al gusto è molto vinoso, i tannini sono morbidissimi e il vino scivola giù che è un piacere; semplice si, ma bello bevereccio, sicuramente da tutto pasto, sicuramente grande compagno in queste calde e afose serate estive, laddove non è sempre detto che la scelta debba ricadere sempre e solo su un bianco.
Vino di collina, vino in cui è immediatamente percepibile il terroir sabbioso, vino rosso simbolo dei Campi Fregrei.
Ovviamente lo beviamo fresco e gli facciamo accompagnare classicamente una signora parmigiana di melanzane, ma potrebbe andare benissimo anche un bel tortino (sempre di melanzane!) o una bella zuppetta di pesce.
...e quel che resta di questa bottiglia nel dopo cena lo accompagnamo spensieratamente alle note di Wild is the wind di Nina Simone.
Questo vino partecipa a il Vino dei Blogger #8 (i vini delle sabbie) del buon Mirco Mariotti.

Cantine Federiciane Monteleone
via Antica Consolare Campana 34/B
Contrada San Rocco
Marano di Napoli (NA) Italy
tel 081 5764153
www.cantinefedericiane.com

Giacinto Chirichella

Etichette: , , ,

lunedì, luglio 2

Semifreddo al torrone

" ... Il profumo intenso aleggiava nell'aria. In città ognuno riconobbe la tenera fragranza del torrone, ma era qualcosa di seducente che annunciava un incontro importante ... "
Il torrone è un dolce natalizio!
Vero, ma nessuno ci vieta di utilizzarlo per una preparazione estiva, sorprendentemente gustosa e che ben bilancia le calorie e la pesantezza di mandorle e nocciole combinate con uova e miele. Nasce questo meraviglioso semifreddo, il cui ingrediente principale è lo strafamoso torrone beneventano. Eravamo partiti da una guarnizione, seppure di contorno, divertendoci a spolverare dell’ottimo gelato alla nocciola con un trito grossolano di torrone di Benevento, terminando con una goccia di cognac. E qui è cominciato tutto. Mentre scucchiaiavamo (Calvino docet!) seduti in giardino nella brezza del dopocena, ecco che viene fuori l’idea di combinare il caldo del torrone e del cioccolato con il freddo della panna e gli albumi montati a neve congelati letteralmente. In più una nota d’agrume, spolverizzando con buccia d’arancia grattugiata.
Il torrone è già presente, storicamente, negli scritti di Terenzio, Varrone e Plauto, i quali lo citano con il nome di cupedia. E’ comunque una preparazione mediterranea, vista anche la larga presenza tra gli arabi, e la possibilità facile di reperire ingredienti come mandorle, nocciole e miele in tutto il bacino del mediterraneo. Per quanto riguarda il torrone di Benevento dobbiamo sapere che circa 100 anni fa tutti i piccoli produttori di torrone si consorziarono per dare vita ad un’unica grande fabbrica: Fabbriche Riunite Torrone di Benevento (1908). Dopo alcuni momenti di crisi e l’opera di Mario Rosa, che nel 1955 rilevò l’azienda diventando socio unico della società, la città di Benevento è oggi il fiore all’occhiello della Campania per quanto riguarda l’arte di produrre torrone. Tanto che dal 2001, a San Marco dei Cavoti, si celebra la festa del torrone. Una festa invernale, dicembrina, tutta da vedere e da gustare. Come il territorio circostante, ricco di storia e di una splendida morfologia. Il fiume Tammaro, il torrente Tammarecchia, i monti del Partenio a sud, il Taburno ad ovest e il Matese a nord-ovest. Luoghi antichi, storia umana e insediamenti agricoli. Prendete nota! Ci fermiamo qui, col profumo del torrone ancora sparso per la casa e certi, anche questa volta, d’essere riusciti a proporre un dolce semplice, territoriale e buonissimo.

Ingredienti x 8 persone

150 g di torrone beneventano
130 g di zucchero
400 g di panna
100 g di cioccolato fondente
3 uova
la buccia grattugiata di un’arancia


Tritare cioccolato e torrone con un coltello. Porre in una terrina i tuorli d’uovo con lo zucchero e metà buccia d’arancia grattugiata. Lavorarli fino ad ottenere un composto gonfio e spumoso. Montare a neve gli albumi e la panna, quindi incorporarli al composto preparato. Mescolare insieme in una ciotola il torrone ed il cioccolato tritati. Distribuire sul fondo di uno stampo da plumcake metallico, un terzo del composto di cioccolato e torrone e versarvi la metà della crema. Spolverizzare con un poco di arancia grattugiata, distribuirvi sopra ancora un terzo del composto di cioccolato e torrone poi versare la crema rimasta pareggiandola con una spatola. Spolverizzare ancora con la buccia d’arancia grattugiata. Infine coprire con la terza parte di cioccolato e torrone. Porre in freezer per 3 ore abbondanti. Togliere dallo stampo immergendone la base in acqua tiepida, quindi capovolgere sopra un tagliere o un piatto per dolce. Potete, a questo punto, decidere di servirlo velocemente, oppure affettarlo e avvolgere ogni porzione in carta da forno o pellicola trasparente e riporre in freezer fino al momento di servire.

Stefano Tripodi & Daniela Caselli

Etichette: , , , ,