giovedì, agosto 30

Scorribande d'agosto: Scario e la spiaggia dei Francesi

Conosco Remo da dieci anni.
Da circa sette o otto frequento Scario, dove lui è cresciuto d' estate e dove il mare è sembrato avergli dato la vita. Come per me Maratea, Scario è per Remo il passato tenerissimo e indelebile dell’infanzia e tutte le suggestioni profonde e interiori che un pezzo di costa come quello può suscitare.
Anche questo agosto la nostra verticale è avvenuta laggiù. Dopo esserci visti furtivamente nel periodo natalizio siamo riusciti ad incontrarci e a passare qualche giorno insieme. Avevo appena messo online il post delle “buone vacanze”, ho caricato la macchina e sono partito. Abbandonati in fretta gli orrori della Salerno-Reggio Calabria, prestissimo sono sprofondato in un soporifero viaggiare, lento e sotto i 100, cullato dal paesaggio e da poca musica in diffusione. E’ sorprendente come certi luoghi e certa aria siano in grado di generare una sensazione di benessere progressivo; sensazione che è quasi vicina agli ultimi attimi prima del prendere sonno. Scario è un piccolo paesino del Golfo di Policastro [Parco del Cilento (SA)] e, ironia della sorte, dal mare del porto, di fronte e all’orizzonte, si vede Maratea. La natura carsica delle rocce fa si che il mare sia uno dei più limpidi della zona, ricco di sorgenti d’acqua dolce. Per raggiungere le spiagge è necessario prendere una barca o i “barconi”, traghetti del mare che salpano dal mattino sino al tramonto. La vista della costa è spettacolare. Onirica e dolce. Chiunque sia legato affettivamente ad un luogo può capire quali sensazioni sto cercando di portare alla mente.
Il nostro racconto comincia qui. Di buon ora prendiamo una barca in affitto ed usciamo dal porto. Superando i barconi e cavalcando le onde arriviamo all’ultima spiaggia, quella meno affollata, quella più estrema, situata giù a picco, sotto i costoni rocciosi della Ciolandrea: la spiaggia dei Francesi.

Poco più indietro, alle spalle del bagnasciuga, coperto da una piccola radura, sta un rudere, una bicocca abitata da un pastore. Tutti i giorni, Saverio, scende a piedi dal monte giù in spiaggia. Prepara spianate di formaggi di capra, pane fresco, salumi, e a richiesta indimenticabili grigliate di carne. Tutti i prodotti, vino compreso, sono fatti da lui. Sotto un grande albero ha sistemato alcuni tavolacci di legno, illuminati, alla sera, da lampade a gas legate tra i rami. L’atmosfera è di estrema semplicità e convivialità. La bellezza è arrivare laggiù, bagnare le membra e passare qualche ora in sua compagnia, mangiando e bevendo, sentendolo suonare la fisarmonica, godendo la pace. La gente, attirata dal suono, pian piano si lascia portare, abbandona la spiaggia per venire a ballare. Sono volti tipici, bruciati dal sole; o incuriositi, delicati e gioiosi. Non nascondo che per molti è diventato un appuntamento fisso. In tanti, come in gara, prenotano grigliate o forme intere di formaggio, poi vino e lambiccato.

Saverio scruta la mia macchina fotografica. L’invadenza del mio obbiettivo gli da i nervi. Il gap è: fotografare e scrivere di un posto e di un’umanità perché se ne serbi il rispetto e il ricordo; rischiare di distruggere l’equilibrio del tutto per l’eccesso di pubblico. Ma il Maiale conosce i suoi polli. Evitando informazioni che potreste reperire ovunque, quello che qui preme è raccontare ancora una volta un’umanità e una Natura. Dalle rughe del volto di questo meraviglioso pastore, alla bontà dei suoi prodotti serviti con semplicità ma con gusto su taglieri di legno, quello che ne viene fuori è che a volte ci sono cose che non hanno prezzo. Che non possono essere commercializzate. Vendute. Saverio e la spiaggia dei Francesi non sono nessun pacchetto turistico. Se vi capitaste, abbiatene cura. Viceversa distruggereste un equilibrio fatto di gesti, di uomini, di prodotti, cose e occhi che meritano rispetto per tutto quello che danno. Dietro la vita di tutti i giorni, dietro la routine, dietro discussioni e nevrosi, ci sono momenti come questo. Tutti, prima o poi, trovano un momento simile. Un istante in cui chiudere gli occhi e provare a pensarsi. Un attimo di pace fatto di cose buone e uomini buoni. Magari un po’ burberi, ma buoni come il pane. A noi importa potervene raccontare i frammenti. E suggerire, a chi potesse, di fare un salto giù ai Francesi. Magari in settembre. Quando l’acqua sembra cristallo e Saverio è ancora lì ad aspettarvi.

Arrivati a Scario, dirigetevi verso il porto.
Prendete uno dei barconi che raggiungono le spiagge.
[costo a persona: 5,00 euro andata & ritorno]
Una volta a bordo chiedete di scendere alla spiaggia dei Francesi.
Qui chiedete di Saverio...oppure seguite la musica.

Stefano Tripodi

fotografie: Stefano Tripodi & Remo Morretta

Etichette: , , , , ,

mercoledì, agosto 29

Conserva di pomodori rossi del Cilento


Che dire, per me l’estate è terminata ormai da più di una settimana. Rimangono impressi il profumo intenso del mare, l'ardore del sole, i colori struggenti di luoghi che porterò dentro ancora a lungo, magari fino alla prossima esperienza. Un po’ malinconico il mio ritorno alla vita di tutti i giorni ed ad un maiale che per un attimo è rimasto come fermo nel tempo, nei ricordi e nei gesti di coloro che ne muovono i fili. Di questa mia bella e fanciullesca stagione estiva mi è rimasto pure un segno tangibile, un souvenir d’altri tempi, il regalo di una terra povera e struggente, di gente semplice.
Io sto parlando di pomodori (tutto qui? direte voi) maturi, carnosi, così profumati che solo a sfiorarli il loro odore ti rimane impresso fra le dita per ore. Mi sono stati donati con un sorriso il giorno della mia partenza ed io li ho voluti “immortalare”, fermare nel tempo proprio come un bel ricordo, in questa deliziosa conserva. Ecco, quella di oggi non è soltanto una buona ricetta, è il racconto della mia estate. Ben ritrovati.

Ingredienti

2 kg di pomodori maturi
3 spicchi d’aglio
5-6 foglie di basilico
una manciata di prezzemolo tritato
una foglia di allora
un rametto di timo
1 cucchiaio di zucchero
7-8 cucchiai di olio extravergine d’oliva

Preparare i barattoli (io ho utilizzato delle bottiglie a chiusura ermetica) lavandoli ed asciugandoli con cura.
Lavare i pomodori, inciderli leggermente con un coltello, scottarli in acqua bollente per qualche istante e una volta scolati, pelarli sotto un filo di acqua fredda. In una pentola capiente fare scaldare l’olio extravergine d’oliva ed aggiungere l’aglio schiacciato che andrà a dorarsi in pochi istanti. Unire il pomodoro tagliato a pezzi, lo zucchero, una foglia di alloro, il timo, il prezzemolo ed il basilico. Salare, pepare, coprire con un coperchio e lasciar cuocere a fiamma bassa per trenta minuti circa. Terminata la cottura, lasciar riposare per qualche istante, eliminare il timo e l’alloro, frullare il composto e versarlo nei barattoli che andranno chiusi ermeticamente. A questo punto immergere i barattoli in una pentola piena d’acqua, portare ad ebollizione e lasciar bollire per un’ora circa. I barattoli dovranno raffreddare nella stessa acqua e poi essere riposti in un luogo asciutto e lontano dalla luce.

Remo Morretta

Etichette: , , , ,

mercoledì, agosto 22

Bocconotti all'amarena

22 agosto. Siamo tornati!
Ancora più ebbri, incantati ed innamorati. Occhi gonfi di sole, acqua salata e vino buono. Brezza fresca della sera, guance rosse, profumo di cedro e lavanda tra i vestiti nei bauli su in montagna. Lucania, Cilento, Puglia, Costiera Sorrentina. Il nostro ritorno si apre con un dolce. E comincia proprio da dove ci eravamo lasciati: Maratea. Qui già gli occhi cerulei di Marilù hanno scaldato gli animi di molti, e sempre qui un altro luogo, anche della memoria, ci racconterà un’altra storia. La pasticceria Panza, quando ero piccolo, era un minuscolo negozio profumato dove le zie compravano squisite torte all’amarena. Tornati dal mare, dopo le ore del mattino passate in barca, i miei andavano a riposare mentre io salivo su dalle sorelle di mio nonno che mi tenevano incantato con storie antiche e misteriose. Un bicchiere di latte e una fetta di torta erano la mia merenda pomeridiana. Sempre in quella pasticceria un simpatico signore, oggi un vecchietto sornione, piccolo e gentile, preparava questo meraviglioso e ghiotto dolce, il bocconotto, tipico anche della Puglia, ma farcito diversamente. Oggi i bocconotti sono tipici marateoti ed irrinunciabili. Vanno sempre prenotati, per le sfornate del mattino e del pomeriggio. Li farciscono con crema e amarena, o crema e cioccolato. Ma devo dire che ho sempre preferito mangiarli con sola confettura di amarene. S q u i s i t i!!! A Maratea sono un’abitudine, un chiudi pasto, una colazione, una merenda, un assaggio irrinunciabile. Oggi la pasticceria non è molto cambiata, c’è la figlia del proprietario a gestire il banco, i pasticcieri in laboratorio e il signor Panza che fa la sua parte, dandosi da fare o rimanendo ad osservare curioso tutti quanti si mettono ad immortalare con le loro diavolerie digitali questo semplice e buonissimo dolce. L’atmosfera è quella di sempre, chi frequenta Maratea può confermarlo. Gentilezza e purezza d’animo che traspare dagli occhi. Quante persone ho visto negli anni partire per tornare a casa non senza dimenticare di portare con se una guantiera di bocconotti misti. Buone anche le torte alle noci, all’amarena of course ed i cornetti del mattino. Ma i bocconotti sono insuperabili. Come portare con se un pezzo, un profumo un alga di quel mare. Un pezzetto di pietra del Cristo o un granellino di sabbia. Sabbia di cui già Calvino a suo tempo raccontò, in quel meraviglioso libro che fu Collezioni di sabbia. Ma questa, credo, è una storia che merita d’esser raccontata a parte. Dunque i bocconotti. Vi lasciamo qui la ricetta originale, un po’ difficile anche da trovare. Il Maiale riesce ancora una volta ad imprimere un altro segno nella tradizione. Importante passato senza il quale non saremmo futuro. Sempre rispetto, sempre passione, il Maiale dice bentornato a se stesso e a tutti voi. Ed ora dolcezza (tanta), delicatezza, gusto, bontà, genuinità, semplicità, radici, affetto, generazioni, rispetto, futuro.

Ingredienti

500 g di farina
1 bustina di lievito
5 uova
100 g di strutto
350 g di zucchero
500g di marmellata di amarene

Versare la farina e mescolare 80 g di strutto, le uova, lo zucchero ed il lievito. Impastare fino a creare un impasto morbido e ben legato. Far riposare la pasta per circa un’ora quindi stenderla col matterello creando dei dischi della dimensione degli stampini. Ungere con lo strutto rimasto gli stampini e foderarli con la pasta. Riempirli con la marmellata di amarene. Coprire con la pasta rimanente ed infornare per circa 20 minuti a 160-180°.

Pasticceria Panza
Via Angiporto Cavour, 9
85046 Maratea (PZ)

Stefano Tripodi

Etichette: , , ,

sabato, agosto 11

Chiuso per ferie!!!

Lasciamo il web per un po’.
Ognuno di noi sarà in giro per qualche tempo.
Ognuno di noi troverà altri spazi in cui schiudere i pensieri messi da parte. Pensare e ripensarsi è un gesto importante. Soprattutto quando dedichi il tuo tempo ed il tuo cuore ad un contenitore come il Maiale. Fare il punto, diremmo più sinteticamente. C’è bisogno di chiudere gli occhi per aprirne di altri, quelli interiori. Ascoltare la brezza, camminare pei vitigni, parlare con altri ed altri ancora. E poi incontrarsi, di nuovo, come sempre. Saremo qui dal 20 agosto. Con nuove suggestioni, nuovi approcci. Con gli animi gonfi per potervi raccontare, meglio e di più, la nostra tradizione, il recupero del tempo, il concetto di terra e territorio che sta alla base del tutto. In cantiere ci sono nuove forme, nuove rubriche, nuovi slanci e con essi sicuramente nuovi errori. Ma la bellezza della spontaneità e della genuinità deve contemplare anche questi ultimi. Torneremo quindi con nuovo materiale, per poi partire, accarezzando l’autunno, con tutto il resto. Un grazie di cuore a tutti voi. Ai nostri collaboratori. A chi ci legge e a chi ci sopporta. Per non lasciare uno spazio troppo vuoto, abbiamo selezionato alcuni post passati che bene possono adattarsi al ripensare, con noi, il Maiale Ubriaco. Arrivederci! 1 2 3 4 5 6

Stefano, Remo & Giacinto

martedì, agosto 7

Zucca lunga ripiena alla marateota

Un altro piatto della tradizione povera lucana.
L’essenza umana è tutta nei gesti della memoria.
Ricordare e tramandare.

La signora Marilù ha 78 anni e gli occhi cerulei.
La signora Marilù ha passato la sua esistenza nella preoccupazione eterna di non far mancar mai niente ai figli e al marito. Lucana fin dentro il midollo, Marilù, abita da più di 50 anni nel centro storico di Maratea. Ogni mattina, di buon ora, esce per andare al mercato; quello dietro il corso, dirimpetto alla statua di S. Biagio. Compra il necessario dalle donne che già all’alba scendono da Massa, alle pendici del Cristo, gonfie di cesti colmi d’ogni cosa. Frutta e verdura, ricotte salate da consumare in giornata, caciocavalli freschissimi e il moncio, tipica focaccia rotonda marateota. Una volta queste donne accompagnavano le loro madri, porta per porta, nella distribuzione quotidiana del cibo. Ancora ricordo da bambino una signora grossa e rubiconda venire in casa, dalle zie, e sulla testa un cesto enorme pieno di leccornie da lei preparate o coltivate. Marilù torna in fretta a casa, sistema la spesa e corre in chiesa; gli occhi d’un celeste chiarissimo osservano maestri il cielo che in paese è sempre coperto. Si dice che se il Cristo è coperto da nuvole grigie, in periodo di raccolto, questo andrà male. Marilù mi accoglie in casa sua dopo la messa. Mi offre un caffè “sciacquato” ma sincero. In casa c’è odore di sugo ed umidità. In un tegame di coccio consumato cucinerà la mia zucca. Si tratta di quelle zucche lunghe e sottili dalla polpa tenerissima color arancio chiaro cosìdette ad acqua. Originaria dell’America Centrale, la zucca si è diffusa prestissimo in Europa per via dei coloni. La lunga è principalmente presente nelle regioni meridionali. Marilù lava la zucca e comincia a tagliarla per il lungo. Ha un viso gentile ed un’espressione triste. Troppi tanti ricordi che si riflettono nelle rughe delle mani e del collo. Non riesco a staccare gli occhi dai suoi. Mentre mi parla ogni tanto si volta a guardarmi, intenta com’è a preparare il mio piatto. Mi racconta della Lucania di un tempo, dei chilometri a piedi per raggiungere la Marina, della povertà, della debolezza per la troppa fame, della guerra e del mare. Il mare onirico della costa di Maratea. Mi chiede di non essere fotografata. A malincuore rispetto questa sua volontà. Frattanto la preparazione va avanti, e la mattina con essa. Marilù, che ha un nome da bambina, trotterella per la cucina, sposta tegami, affetta una treccia di mozzarella, controlla il fuoco. Non è facile raccontare la poesia dei suoi gesti né il profumo del piatto finito, mentre il campanile della chiesa madre scandisce i rintocchi dell’ora di pranzo. Poco tempo per fotografare dinanzi a lei incuriosita da quello che sto facendo. “Picchè fai sta fotografia?” Cerco di spiegarle l’importanza del ricordo e del tramandare. Sorride malinconica, poi avvolge il tegame bollente in due canovacci robusti e mi dice “vai mo, chi arrivino li masculi”.

Ingredienti x 6-8 persone

1 zucca lunga ad acqua
Pomodori freschi da sugo
2-3 uova
Caciocavallo
Cacioricotta
Basilico
Olio extravergine
Sale q.b.

Tagliare la zucca a cilindri di 8-10 cm e metterne un po’ da parte. Nel frattempo mettere a fare, in un tegame di coccio, del sugo semplice con i pomodori freschi e ricco di basilico. Svuotare i cilindri di zucca dai semi, sbollentarli brevemente in acqua salata quindi lasciarli raffreddare e scolare, poi asciugarli. Preparare il ripieno con la zucca messa da parte tagliata a dadini e fatta rosolare in olio e basilico ed una manciata di sale. Tagliare il caciocavallo a dadi ed unirlo in una terrina alla zucca rosolata e le uova sbattute. Regolarsi ad occhio per le uova tenendo conto che l’impasto non deve risultare troppo lento. Aggiungere poi cacioricotta grattugiato (del pecorino in alternativa andrà benissimo) e basilico tritato grossolanamente. Riempire i cilindri di zucca col ripieno quindi disporli in una capiente ciotola di creta, non prima di aver irrorato il fondo con una generosa quantità di sugo. Aggiungere alla zucca ripiena altro sugo, una spolverata di cacioricotta e basilico tritato poi infornare a 200° fin quando non andrà a formarsi una crosta dorata. Servire tiepida nello stesso contenitore di creta.

Stefano Tripodi



Etichette: , , , ,

lunedì, agosto 6

il Resoconto del Vino dei Blogger Numero Nove: Ricordo ed Emozione

La vità è troppo breve per bere del vino cattivo.
(Anonimo)

Avevamo lanciato il tema del VdB di agosto qui e in quella circostanza dicemmo che ci saremmo divertiti, bhè credo sia stato davvero così un po' per tutti: che bella cosa, quanti racconti sinceri, quante parole sentite. Grazie di cuore a tutti i partecipanti, a tutti i lettori e a tutti quelli che con noi han fatto rumore. Ecco il resoconto.
Iniziamo (e sarebbe davvero difficile fare diversamente) dal commovente Vino di Michele postato da Fabio Cimmino su via Freud 33.
Passiamo poi a La forza sconvolgente del Vino, l'emozione di un bambino e un vecchio contadino, nel pezzo di Stefano Buso.
Nello scritto poetico di Edoardo il Corsaro del gusto ritroviamo Una "discutibile" Barbera dello zio: Oggi mi sembra che questa serenità si sia un po' persa. Oggi conta che il vino sia buono... a tutti i costi. Oggi è tutto un'altra cosa.
Un Luca Risso sedicenne ci narra di Un Amarone e di una triste delusione.
Per Fiorenzo invece Un Amarone Bertani del '63, aperto 10 anni fa nel tempo della sua piena maturità, è testimonianza di: capacita' evocativa ed emotiva di certi assaggi...
Filippo Ronco ricorda la fine dei suoi studi ed opta per La bottiglia n° 1323 di Barbaresco 1969 di Vietti.
Nell'estate del 1996 Donato Di Tommaso beve con un amico Un Vino cotto bianco di Pollutri del 1947.
Diodato Buonora invece scrive di un ricordo lungo 25 anni e di Una bottiglia di Vino rosso senza etichetta.
L'oste Marco
ci regala Suggestione Helvetiche: Ritorno ogni tanto in quella terra, mi infilo in quelle valli strette, fino a perdere il segnale del cellulare. Mi piace trovare un grotto con il camino acceso, sedermi, ordinare un piatto e una bottiglia di Merlot Ticinese. Perdermi nei racconti di un buon amico, seduto al tavolo con me. Ascoltare il vento che passa e la sera che scende, cullato in quel lieve torpore che solo il buon vino sa dare.
Mirko Mariotti partecipa con un doppio post: Il racconto di una goccia che macchia e una Degustazione in quota di Bellamarsilia 2005, il Morellino di Scansano di Poggio Argentiera.
Filippo Vanoni ci scrive i suoi Ricordi Divini.
Michele si infiltra in un modo folle Via commento con vari frame di ricordo.
E mentre per me il Vino del Ricordo e dell'Emozione E' proiettato nel futuro per Mauro semplicemente Non esiste.
Max Pigiamino Perbellini di Wineplanet contribuisce Fuori dalle regole con un Salice Salentino Riserva Selvarossa della Cantina Due Palme di Cellino San Marco (BR).
Luciano Pignataro con il suo vino dell'Emozione e il suo bellissimo racconto, ci riporta indietro a dodici anni fa, con il Salae Domini 1994 e il ricordo della nascita della cantina di Antonio Caggiano: Ho ancora qualche bottiglia del magico 1994, assolutamente fuori commercio, e spero di condividerla con gli amici sinceri al primo freddo per far rivivere loro questa emozione autentica che ha segnato la svolta della viticoltura in Campania...
Con Giampiero Aristide passiamo ad un Porto Kopke Colheita del 1977: Le emozioni più forti il vino le regala in un luogo particolare. Un luogo assai vicino alla zona di produzione, se non addirittura nel luogo di produzione.
Invece con Roberto Giuliani ricordiamo una cena romantica e un Alto Adige Sauvignon Sanct Valentin 1998 della Cantina Produttori San Michele Appiano in data settembre 1999.
E' la volta poi di Angelo Peretti che dal suo BarDoc (blog tutto dedicato al bardolino) ci ricorda il Bardolino Le Fraghe 2003 di Matilde Poggi: insolito miglior Bardolino mai bevuto, grandissimo piccolo vino, gioia, rivelazione, emozione autentica.
C'è ancora tempo per Max Quintomiglio e il Sassella Riserva Rocce Rosse 1996.
Andrea Centrella (amico produttore al VdB) con l'emozione del Pallagrello (rosso) di Alberto Rossetti.
Ancora M. Grazia con un prezioso ricordo recente e un'emozione importante, il Vino santo (puro) Trentino DOC Cantina di Toblino 1997 che sfida il tempo e che nel suo sorso da il senso del tempo, della fatica e della bellezza di crescere: figlioccia numero quattro.
Concludiamo in bellezza (e non poteva essere altrimenti) con un ricordo vicinissimo di Elisabetta Lizzy VinoPigro, un ottimo abbinamento dessert vino "imperfetto": Audace - Passerillé Rouge 2004 - Stephane Tissot, Triple A, al ristorante-enoteca della Susy.
Assente ingiustificato Marco di Imbottiglaito all'Origine e così spero davvero di non aver dimenticato nessuno, ancora grazie a tutti!
Il Vino dei Blogger numero nove: Ricordo ed Emozione se ne va, ma resta in casa: la palla passa al blog viafreud33 e a Mauro Erro per il VdB#10 nel mese di settembre.

Giacinto Chirichella

Etichette: ,

sabato, agosto 4

Ditali di Gragnano, zucchine e calamari veraci

Pasta. Proprio non riesco a farne a meno, sopratutto in questo periodo, e ieri non ho resistito all’intimo istinto di cucinare e gustarne un altro bel piatto.
Le zucchine erano freschissime, colte direttamente dal mio giardino ed i calamari vivamente consigliati dal mio pescivendolo di fiducia. Insomma come piace a noi..mangiar bene e sano.
Fresco, delicato questo piatto é l’ideale per un bel pranzetto estivo. Accompagnatelo con del vino bianco dal profumo intenso (mi viene in mente un Kratos, l’eccellente fiano di Luigi Maffini, il “mio” vino del ricordo).
Non mi trattengo molto anche perchè ho da visitare una persona ed un posto davvero speciali…ve ne parlerò nel mio prossimo articolo.
Come sempre buon appetito e buon divertimento!

Ingredienti x 4 persone

300 gr di ditali
400 gr. di zucchine
250 gr. di calamari veraci
1 spicchio d’aglio
qualche foglia di menta fresca
5-6 cucchiai di olio extravergine d’oliva
sale
pepe bianco

Tagliare le zucchine a cubetti e far soffriggere insieme all’aglio nell’olio extravergine d’oliva per 10 minuti circa.
Intanto pulire con cura i calamari e tagliarli a rondelle o strisce sottili. Aggiungere le zucchine insieme alle foglie di menta, salare, pepare, girare il tutto per qualche istante e continuare la cottura per ulteriori 5 minuti.
Versare nella stessa pentola i ditali, aggiustare di sale e portare a termine la cottura allungando poco alla volta con del brodo vegetale bollente.
Mescolare delicatamente e far riposare per qualche minuto.
Servire ben caldo.

Remo Morretta

Etichette: , , , ,

giovedì, agosto 2

il Vino del Ricordo e dell'Emozione

Questo è un post a quattro mani!

Ricordo ed Emozione, o forse il Ricordo di una Emozione, perchè spesso son proprio le emozioni a lasciar traccia nei ricordi e son i ricordi che riaffiorando tornano a regalarci briciole di emozioni...
Smessi i panni di Marzullo il tema di questo VdB#9 l'abbiam lanciato noi del Maiale Ubriaco: banale per qualcuno, gatta da pelare per qualche altro, bella occasione per condividere un racconto forse per la gran parte dei partecipanti. E' anche vero che chi ama il vino può avere un po' di problemi a scegliere una bottiglia su tutte, ed è per questo motivo che scelgo di non parlare di un vino in particolare, piuttosto preferisco optare per una zona, per un terroir che mi ha segnato, che mi ha fatto capire delle cose e mi ha fatto vibrare, che mi ha dato tanto e mi ha illuminato; sarò noioso e monotono, ma ho un debole per l'Etna e in molti lo sanno, del resto una volta che sei stato in certi posti poi li porti in giro per il mondo dentro di te. Ne approfitto quindi per rilanciare un vecchio post scritto poco meno di un anno fa (l'emozione del mio primo pezzo sul vino), dedicato a Frank Cornelissen. Con lui bevemmo il suo futuro Magma, direttamente dalle giare in cui riposava. Michele ha detto che con Frank ci siamo annusati, bhè è vero. Avendo optato per un territorio non posso non citare i test da barrique alla Tenuta delle Terre Nere con i tre cru di Etna DOC, i vini di Benanti con la loro classe, il Victory con la sua lunga complessità e poi ancora il Faro Palari con cui ho imparato il significato più profondo di eleganza e terroir...
il ricordo del prossimo viaggio, l'emozione del ritorno, l'entusiasmo per nuove strette di mani e grandi pacche sulle spalle, convinto quindi che il vino del Ricordo e dell'Emozione è proiettato e scritto nel mio futuro, nei miei giorni che verranno e in quello che sarà!
Buone bevute a tutti.

Giacinto Chirichella



Non esiste per me un vino del ricordo e dell’emozione. Non uno in particolare. Ne ricordo tanti, e ad ognuno di esso collego sempre una serie di immagini vere, o solo sognate, di volti, paesaggi, esperienze. Potrei dire il Falerno del Massico di Moio – la prima bottiglia che sette anni fa circa bevvi con una certa coscienza – oppure quelle bevute ieri sera con degli amici che partivano per le vacanze, per augurarci buone ferie e brindare – per la cronaca, Ripe del Falco riserva 1993, Greco d’Irpinia 2005 Villa Diamante e Fiano minutolo 2005 di Torrevento. Non esiste un vino del ricordo e dell’emozione, non uno in particolare, vi scrivevo, perché il ricordo e l’emozione sono insite nel vino, sono il vino, sono l’unica cosa che ci rimarrà a distanza di anni quando ogni sentore, umore ed essenza del vino stesso, anche il più squisito, sarà ormai scomparso. Il ricordo e l’emozione di un vino sono l’uniche cose che conserveremo per sempre e sono l’unico motivo, unanimemente riconosciuto, per cui val la pena bere.
Concludendo, il vino lo si giudica proprio da questo: che aiuta, nel ricordo o nella speranza, nella riconoscenza o nel desiderio, a sognare. Buone bevute e buoni sogni a tutti noi.

Mauro Erro

Etichette: