sabato, aprile 28

Sassella riserva Rocce Rosse 1996, Arturo Pelizzatti Perego: La gioia del vino.


Direttamente dal Vinitaly, grazie ad un carissimo amico, un mito per coloro chi si commuovono al sentir parlare di nebbiolo: Sassella riserva Rocce Rosse 1996 della cantina Arturo Pelizzatti Perego: vitivinicoltori in Valtellina da cinque generazioni, sin dal lontano 1860 alfieri e difensori della tradizione.
Da uve nebbiolo (chiavennasca) per il 95%, Brugnola e Pinot Nero per il 5%, il vino dopo la vinificazione e la macerazione delle vinacce, sosta in botti di castagno da 40 hl per quattro anni, cui segue periodo di affinamento in bottiglia.
Nel bicchiere si presenta di un colore granato scintillante, che illimpidendosi, degrada verso un arancio reso dal tempo luminoso e terso, trasparente nell’unghia.
Al naso è sottile, etereo, sentori di frutto sotto spirito si fanno largo, ciliegie, poi è la volta dei fiori appassiti, la viola. In chiusura, sembra di avvertire l’incenso.
Non resistendo ne faccio un sorso: all’ingresso è caldo, avvolgente, carezzevole e setoso al palato, spiritato, di un’acidità vibrante, forse leggermente sopra le righe, di un’ottima mineralità. Il frutto è ben presente, ma evidenti sono i sentori di noce moscata, pepe nero, tabacco, bacche di ginepro. È asciutto e vellutato, di grande eleganza. Un vino aristocratico, non ruffiano, nerboruto, restio a concedersi se non dopo un lungo periodo di ossigenazione. Insomma, il “VINO”!
Da bere assoluto, centellinando i sorsi, fino a farsi rapire completamente da questo sublime nettare dal moderato alcool (12,5%), chiudendo gli occhi e lasciando che la mente si affolli di visioni, sogni e speranze. Altrimenti, con la nobile cacciagione.
Altro talento meriterebbe questo vino, talento capace di raccontarlo compiutamente.
Ringrazio la famiglia Pelizzatti Perego per il loro lavoro “tra i vigneti che si estendono su ripidi e sassosi pendii, la' dove la natura da secoli li mette a dura prova”. Ringrazio l’amico e stimato giornalista Fabio Cimmino per avermi regalato quest’emozione.
Ecco, questi gli uomini che cerco: poeti e artigiani, coraggiosi sognatori, innamorati pieni di speranza, conservatori ostinati del valore della tradizione.
E questi i vini: schietti, sinceri, onesti e puri. Indimenticabili.
E a me non resta che scriverne le lodi, dichiarando il profondo amore, l’immensa riconoscenza e gratitudine, ammirando questo vino – come ebbe modo di scrivere Mario Soldati dopo il suo viaggio alle cantine Pelizzatti Perego dell’autunno ’68 – “con quell’abbandono alla gioia, che solo la realtà della vita può dare”.
Prezzo in enoteca tra i 20 ed 25 euro.
Buone bevute a tutti.

AR.PE.PE S.r.l. Arturo Pelizzatti Perego
via Buon Consiglio, 4 – 23100 Sondrio (italia)
ettari: 11; bottiglie prodotte: 35.000; vitigni: nebbiolo.
tel fax 0342 214120
ar_pe_pe@tin.it
www.arpepe.com

Taccuino di un giovane bevitore di Mauro Erro

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giovedì, aprile 26

risotto con calamari veraci e zucchine


Un giorno come un altro, se non fosse per quel desiderio che mi spinge a tornare a casa e godermi un buon pomeriggio di sole, in giardino a sfogliare le ultime pagine di quel libro che in questi ultimi mesi è entrato a far parte di me e del mio rapporto con la cucina, Da leccarsi i baffi di Mario Soldati, edizioni DeriveApprodi. Finalmente casa, stanco e leggermente provato, ma non a mani vuote. Poggio la busta della spesa in cucina, ne tiro fuori quel che serve, mi accingo ai preparativi di rito ed inizia la mia ennesima piccola parentesi culinaria.
Calamari veraci, molto profumati ed un paio di zucchine (mi chiedo da dove provengano con esattezza) che sembrano appena colte, ancora ruvide e dal colore verde intenso. “Oggi preparo un piatto piuttosto semplice” mi dico, ma che so richiederà concentrazione e una attenta dosatura degli ingredienti.
Il maiale ubriaco, che oggi tocca a me rappresentare, propone un pasto leggero, da gustare con il palato e con gli occhi, nudo e crudo...in tutta la sua semplicità.

250 gr riso arborio
4 calamari veraci di media grandezza
2 zucchine
5-6 cucchiai di olio extravergine d’oliva
1 spicchio d’aglio
1/2 bicchiere di vino bianco
1 l di brodo vegetale
Prezzemolo q.b
Sale q.b

Pulire accuratamente i calamari, tagliarli a pezzi e metterli da parte. Far soffriggere uno spicchio d'aglio in una pentola con dell'olio extravergine d'oliva, ed aggiungere le zucchine precedentemente tagliate. Coprire e lasciar cuocere a fiamma bassa per 5 minuti circa.
Aggiungere i calamari facendoli saltare in pentola per 2 minuti ed il riso, lasciandolo tostare per qualche istante. Solo a questo punto aggiungere mezzo bicchiere di vino bianco e lasciarlo sfumare, continuando a mescolare perché il riso non si attacchi al fondo della pentola.
Portare a termine la cottura aggiungendo poco alla volta del brodo vegetale bollente.
Regolare di sale. Servire il risotto e finire con un po' di prezzemolo tritato.

A cura di Remo Morretta

domenica, aprile 22

Chocolate y churros

Oggi siamo a Madrid. Per uno spostamento dell'asse tutto da gustare. Ci ha scritto Angie, che potete incontrare qui. Il Maiale Ubriaco prosegue nei suoi sguardi fuori territorio, alla ricerca della tipicità "altra" che caratterizza l'identità gastronomica umana fuori confine.

PUERTA DEL SOL, ORE 18. UNA PAUSA TRADIZIONALE E GOLOSA.
Fine settimana in città. Sveglia tardi - che a Madrid la gente ancora gode le ore piccole, e a tutte le età - un giro per la mostra del momento in un museo del centro e poi via a passeggiare pigramente sulla storica Gran Vìa, col naso all’insù per meravigliarsi ancora una volta delle architetture quasi dipinte su un cielo azzurro puro che ti fa ringraziare d’essere al mondo.
Difficile non seguire la folla di turisti e habitué, quella folla che andrà ad animare e, magari, cercare un posticino su una panchina in Puerta del Sol, da sempre teatro della varia umanità del Madrid castizo e spot favorito per chiedere appuntamento alla fortuna comprando un biglietto della lotteria.
E poi? Tornare a casa sin màs? No, meglio bighellonare ancora un pò prima del classico cinema della domenica sera, e farsi tentare da un irresistibile chocolate con churros poco più in là, nella minuscola Plaza de San Ginés. Oggi dimentichiamo le calorie e abbandoniamoci al piacere!
E d’altronde qui si va sul sicuro, perché i churros, cilindri di pasta fritta da affondare in un cioccolato denso e ricco, sono fatti come una volta, e dal bancone puoi vedere gli addetti alla preparazione subissati dagli ordini: dopotutto, la Chocolaterìa San Ginés trova posto (ma sarà un vantaggio per noi golosi residenti?) su tutte le guide che si rispettino. Servizio senza fronzoli ma rapido, intorno famiglie, coppie, gruppi di anziani e turisti dagli occhi a mandorla un pò straniti, ma interessatissimi e inseparabili dalla lonely planet sempre alla mano.
Il cioccolato é fumante e finisce in fretta, i churros croccanti risvegliano il mio spirito di emulazione-devo farli pure io!-l’atmosfera é rilassata e ti riprometti di portarci l’amica che fra poco viene a trovarti: qué viva Madrid!

Chocolaterìa San Ginés
Plaza San GInés, 5
28013 Madrid
Tel. 913656546
Angie, Madrid.

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giovedì, aprile 19

Penne e asparagi + frittata di asparagi alla sannita

Questo è un post doppio.

Carmine è una persona che lavora.
Carmine è un fruttivendolo garbato. La sua merce è esposta con cura ed è sempre fresca. A Carmine piace parlare con la gente, dare consigli alle signore indecise e girare all’alba tra i banconi del mercato per trovare quanto di più buono la piazza offra. Sono le 7,30 e la sua saracinesca è abbassata per metà. Entro e mi sorride. Le casse di frutta e verdura sono ancora sparse sul pavimento. Carciofi, agretti del Lazio, lattuga, patate, cipolle, fasci di sedano e prezzemolo. Poi tutta la frutta, già disposta sui banchi, vicino la pasta di Gragnano e Cicciano. La domanda è retorica e complice. “Cosa abbiamo oggi?” “Dipende da quello che vuoi mangiare”, risponde con un ghigno. “Vuoi fare pasta, verdure in padella… ci sono questi asparagi selvatici che sono la fine del mondo!” “Da dove arrivano?” “Sono nostri, hanno viaggiato poco più di mezz’ora”. Prende un fascio e me lo porge. Sono profumatissimi. Mi guardo intorno, rifletto. Cerco l’abbinamento, sfoglio con la mente il ricettario di famiglia e qualche buon libro di gastronomia campana. “Ok”, esclamo trasalendo quasi. “Ne prendo 4 fasci, poi una Cipolla di Suasa e un po’ di odori”. Sorride, e dall’espressione si intende che sta cercando di capire cosa potrei cucinare.
Lo lascio con questo interrogativo tra le labbra. Esco dal negozio abbassandomi appena. Guardo il cielo. Asparagi selvatici… . Arrivo a casa, metto tutto in un cesto, poso le chiavi e la giacca. Poi prendo il famoso ricettario. “Ma si”, dico tra me e me, “oggi tutto a base di asparagi” (sembra ovvio, no?). E così ho preparato questo fresco pranzo primaverile. La frittata potete servirla anche fredda. E le uova.. meglio se sono fresche di giornata.
N.b. Alla mia nonna, che è lucana 100% gli asparagi li ho cucinati così (come mi ha chiesto di fare): lessate le punte in acqua salata. Ponete una piccola fetta di pane scuro sul fondo di una scodella. Spolveratevi sopra del pecorino fresco, poi aggiungete gli asparagi e poca acqua di cottura. Terminate con ½ spicchio d’aglio tritato finemente, olio extravergine e ancora poco pecorino.
Penne e asparagi

Ingredienti x 4 persone

400 g di penne lisce di Gragnano
350 g di asparagi selvatici
30 g di burro
30 g di parmigiano grattugiato
2 tuorli d’uovo
sale e pepe q.b.

Scottare per 2-3 minuti le punte di asparagi in acqua salata bollente, scolare e passarle al burro. Lessare le penne in abbondante acqua salata, sgocciolarle al dente e legarle coi tuorli d’uovo con poca acqua di cottura. Una manciata di pepe nero tritato sul momento ed unire le punte di asparagi. Mescolare e condire con il parmigiano grattugiato. Servire subito.

Frittata di asparagi alla sannita

Ingredienti x 4 persone

5 uova fresche
350 g di asparagi selvatici
40 g di parmigiano grattugiato
¼ cipolla di Suasa
0,5 dl di olio d’oliva
Sale q.b

Lessare le punte tenere degli asparagi in acqua leggermente salata, poi scolarli. Insaporire in padella per qualche minuto con poco olio e uno spicchio di cipolla di Suasa affettata finemente, poi versarvi sopra le uova sbattute con sale e parmigiano. Mescolare per distribuire equamente gli asparagi nella frittata, coprire e fare addensare le uova a fiamma bassa. Quando la frittata sarà bionda da un lato rivoltarla da un lato e far rosolare dall’altro. Lasciare leggermente intiepidire e riposare quindi servire.

A cura di Stefano Tripodi

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sabato, aprile 14

Le Porc Soul a Paris!

Questo è un post light.
Il soggiorno parigino sta per concludersi. Siamo sbarcati nella Cité precisamente 11 giorni fa. In tutto questo tempo il nostro interesse si è concentrato sulle opportunità di lavoro, intervallando colloqui in atelier con appassionanti visite alle mostre in giro per la ville. Una su tutte la mostra-evento di David Lynch presso la Fondation Henri Cartier-Bresson pour l’Arte Contemporaine. Se potete andateci, mai vista una mostra così completa. Segnaliamo anche la mostra fotografica di Atget, uno dei padri della fotografia. Attraverso i suoi scatti (ogni foto è timbrata ed è patrimonio storico-culturale) è possibile vivere la Parigi di fine 800 e primi del 900: strade, mestieri, povertà, gastronomia, moda, abbandono, case chiuse, parchi, carrozze, botteghe, vagabondi & barboni. Uno degli scatti di Atget, in particolare, fu caro ai Surrealisti che lo pubblicarono sul n° 7 della propria rivista. Il Surrealismo è anche tutto in quella foto. E’ difficile riassumere il resto, ed è difficile raccontare al volo Parigi. Diciamo solo che siamo stati e stiamo benissimo; che è probabile che in un futuro prossimo il Maiale Ubriaco si faccia anche da qui e che tutto, compreso il tempo atmosferico, ha giocato a nostro favore! Non possiamo lasciarvi senza qualche dritta sul panorama mangereccio. Dunque: se avete voglia di vivere Parigi anche nella gastronomia, quella di tutti i giorni, fatta di gente, caffè lungo a buon mercato (dite serré e lo avrete ristretto!???) e zuppe di cipolla, allora buttatevi nei bistrot. La maggior parte delle volte mangerete discretamente ma quello che più importa è che vivrete davvero Parigi e i parigini. Qualcuno ha scritto che se passate un’intera giornata seduti al tavolo di un bistrot in compagnia di un buon libro (frequenti anche i PC), riuscirete a palpare la “pariginità”. Non scordate poi di fare un giro nei mercati. Dal Marché d’Aligre (Place d’Aligre – metro Ledru Rollin – tutti i giorni tranne il lunedì) ai souk, i mercati dei quartieri arabi e magrebini di Belleville, Barbès, la Goutte d’Or. Bellissimo il Marché Biologique Raspail. Terrine, patè, fois gras e formaggi in quantità. Tutto rigorosamente bio, dal produttore al consumatore.
Abbiamo mangiato bene e in abbondanza da Chez Papa, quello a Gambetta (noi abitiamo proprio li :-) . Le insalate gargantuesche (così recita il fitto menu), la tarte a l’onion e quella au poires au chocolat chaud ci hanno lasciato pancia e palato soddisfatti. Il vino in caraffa è ottimo. Altro posto è la crèperie Le Petit Josselin (59, rue du Montparnasse). Qui fate un salto nel mondo della galette bretone che accompagnerete con del sidro a buon mercato. Davvero da provare. Questo è quanto..anzi è poco, ma ne parleremo con più tranquillità. Promesso. Un abbraccio a tutti, compreso il resto del sangue nobile del Maiale Ubriaco.
A cura di Stefano Tripodi

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giovedì, aprile 12

Alfonso Rotolo: Aglianico del Cilento Respiro 2003


Era un caldo agosto. Percorrevo spedito la strada statale 18 attraversando il Parco Nazionale del Cilento e il Vallo di Diano in direzione Rutino. Solitamente preferivo fiancheggiare la costiera oltrepassando paesini lambiti dal mare trasparente e riflettente il sole agostano come Acciaroli o Pioppi: non ancora invasi dalle orde di turisti modaioli che trovavi sulla costiera amalfitana e sorrentina e capaci di regalarti scorci di paesaggi altrettanto entusiasmanti. Ma avevo fretta, speranza e ansia di conoscere Alfonso Rotolo e i suoi vini. Quella strada era un'abitudine consolidata, conoscevo curve, pieghe, avvallamenti da evitare, le folate di vento sui viadotti, e mi permettevo il lusso di una guida attenta ma meccanica, mentre pensavo ai giorni precedenti in cui ero andato da Bruno De Concilis a Prignano Cilento, dove trascorsi due piacevoli ore, e da Luigi Maffini a Cenito, frazione di Santa Maria di Castellabate, dove purtroppo non trovai ciò che cercavo. Ora confidavo in Alfonso Rotolo, persona che non conoscevo e i cui vini non avevo assaggiato, ma l’eco del suo Respiro era arrivato a me, e curioso, non vedevo l’ora di poterlo bere.
All’indicazione Rutino svoltai, ed iniziarono emozioni nuove. La strada dolcemente saliva in sinuose curve che costeggiavano la valle dell’Alento estesa alla mia destra, di tanto in tanto qualche rurale abitazione. A sinistra alberi sul ciglio della strada da cui filtravano i raggi del sole e spicchi di orizzonte agreste. I suoni della natura, il cantar degli uccelli rotti solo dal rumore del motore della mia moto. Non incrociai nessuno: Rutino è situato a quasi 400 metri s.l.m., su uno sprone del poggio sulla cui cima si erge il castello di Rocca Cilento, conta poco più di 900 abitanti ed era agosto inoltrato. Chi mai avrei potuto incrociare? Mi godevo quella pace e quella serenità, l’andatura era per forza di cose da crociera. Arrivato in paese trovai solo una macelleria aperta. Chiesi, e fui involontariamente mandato verso quella che è la nuova cantina: una media costruzione di laterizi ancor grezzi, chiuso da un portone in metallo grigio. Non vi era nessuno. Dieci metri di strada sterrata più in là un’abitazione. Diedi una voce. Si mostrarono delle persone gentili che alle mie richieste prontamente risposero avvisando telefonicamente i Rotolo. Qualche minuto più tardi arrivò una macchina con il papà e la mamma di Alfonso. Lei subito si mostrò cordiale e insieme ci mettemmo alla ricerca di qualche bottiglia di Aglianico Respiro 2002, ma disdetta! A parte qualche magum in casettina di legno già venduta, non ve n’era traccia alcuna. Forse vide il mio sconforto e subito chiamammo Alfonso, che era per delle commissioni ad un tiro di schioppo, nella vicina Agropoli. Mezz’ora al massimo è sarebbe arrivato. La mamma e il papà di Alfonso mi salutarono ed io nell’attesa mi accesi una sigaretta, rubai qualche raggio di sole, mi godetti il panorama con in lontananza lo specchio d’acqua racchiuso dalla diga dell’Alento.
Si presentò un giovane con occhialini da vista, affabile nei modi, cordiale, di gran grazia. Saltammo i convenevoli ed iniziammo a parlare dei suoi vini. Dal fiano barricato Valentina – il nome della figlia – ai suoi base, fino al Respiro. Eccole lì, in un grosso contenitore di legno, bottiglie accatastate a riposare, ancor nude, senza etichetta e capsula. Solo vetro scuro, nettare denso e tappo di sughero. Non dovetti insistere per riceverne una bottiglia. Ci salutammo e lo ringraziai.
I primi di settembre l’aprii.
L’Aglianico del Cilento Respiro 2002 è tra i miei vini del cuore. Quattro in tutto, non di più. E non per la qualità del vino in se per sé, anzi, per gusti personali davanti ad un nebbiolo delle langhe, sia esso Barolo o Barbaresco, arrivo spesso alla commozione. E potrai citarne altri di eccelsi e sublimi, ma quel vino è stato in grado di lasciarmi un insegnamento in questo lungo percorso alla ricerca di vini, facendolo in maniera inaspettata. A tutti noi capita di incontrare persone che ci segnano la vita, quelli che chiamiamo maestri; spesso non si tratta di nobili accademici, ma di gente comune ricca di saggezza che ci ha fatto capire qualcosa in più di noi e della vita. Quel vino è stato per me un maestro. Quattro vini in tutto, scrivevo. Un pinot nero di Borgogna, di uno sconosciuto négociant, sei o sette euro al supermercato. In un periodo in cui bevevo vitigni e vini provenienti da zone diverse dell’Italia, che al palato si rivelavano bevande eguali senz’anima, quel vinello dal rosso scarico e dal forte odore e sapore di fragole mi insegnò cosa volesse dire tipicità ed emozione. Un riesling alsaziano che un’amica mi portò dalla cantina del nonno appena scomparso: non fosse stato per l’annata riportata in etichetta e per il tappo morbido e tenero, quel vino non sembrava avere sei anni: era un pargolo appena partorito dal colore verdolino e dai riflessi scintillanti. E vi sono stolti che continuano a volere bianchi dell’ultima vendemmia subito da bere!!! Un vecchio Chianti classico dimenticato in cantina per almeno sette anni: capii cosa volesse dire pazienza e attesa, e come un vino riconoscente sappia ripagarla.
E l’aglianico 2002 di Rotolo. Ora il boom del vino è stato in questi anni soprattutto mediatico. Si corre il rischio di aprire persino un “Topolino” e trovarvi un articolo sul vino. Tante rubriche, innumerevoli esperti e fiumi di parole. In questo surplus di comunicazione, la miglior qualità è cercare la sintesi. Ma spesso purtroppo, non si ha lo spazio per le riflessioni e i titoli e gli articoli si trasformano in slogan. Succede così che l’annata 2002 venga battezzata come “catastrofica”. Se è vero che, volendo dare dei numeri – li butto lì – otto vini su dieci di quell’annata non valgono quel che costano (i produttori nostrani dovrebbero imparare dai francesi modulando i prezzi in relazione alle annate), è anche vero che alcune zone o alcuni vini sono semplicemente straordinari (vedi la Valtellina: Sassella Triacca 2002, farne incetta, metterlo da parte e goderne. Un affare!). L’aglianico Respiro 2002 mi ha insegnato una cosa semplice semplice, al di là delle guide, degli articoli e degli slogan: capii quanto ineffabile e misterioso sia il vino. Più ne bevo e più sono lontano dal capirlo. Grazie a Dio!
Di questo 2003 dirò poche cose: nel bicchiere è rosso rubino brillante, il frutto è presente e polputo, la beva è elegante grazie ad una spiccata mineralità che la facilita nonostante l’alcool sia 14,5 gradi, chiude con leggeri sentori di polvere di cacao. Vino robusto che richiede piatti altrettanto robusti. Per coloro che credono che il vino sia solo biologico e storcono il naso sentendo la parola barrique. Questo vino passa ben 24 mesi in barrique nuove.
Cari Enologi di grido andate da Alfonso ad imparare. Standing ovation: tutti in piedi ed applausi.
Prezzo in enoteca tra i 18 ed i 25 euro.
Buone bevute a tutti.

Taccuino di un giovane bevitore di Mauro Erro

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martedì, aprile 10

Come ti conservo Bacco


Un aspetto da non trascurare per chi acquista vino è la sua conservazione.
E' frequente il caso di vini pregevoli resi alterati e imbevibili da una cattiva conservazione.
I principi di massima per la conservazione sono pochi ma buoni: riparo dall'aria, dalla luce e mantenimento della giusta temperatura.
Quindi...bottiglie o bottiglioni, grandi o piccoli che siano non devono mai essere lasciati aperti. Se volete essere proprio sicuri della effettiva chiusura del tappo potete ricoprire il vostro vino con un sottile strato di olio enologico cosicchè l'aria non penetri. Se non avete l'olio enologico a portata di mano allora potete usare il comune olio di oliva.

Le bottiglie devono essere di vetro opaco. In questo modo il vostro prezioso vino non verrà danneggiato dalla luce. Se la vostra cantina usufruisse di un'illuminazione esterna, provvedete subito e riparate il vino dai raggi solari con un panno.
Spendo due parole sulla posizione che dovrebbero avere le vostre bottiglie.
Il vino andrebbe conservato orizzontalmente e su supporti di legno che attutiscano le vibrazioni (spazio permettendo!).
Il tappo di sughero in questo modo rimane inumidito.
Se non fosse a contatto con il vino, il sughero tenderebbe a seccarsi creando dei punti dove l'aria avrà la meglio.
L'aria ossiderà il vostro vino rovinandolo nel giro di poco tempo.
Sfatiamo un altro mito!
I lettori attenti mi diranno: "Si ma così il vino saprà di tappo!".
In realtà, la causa del sapore di tappo è una muffa che è presente nel sughero malato.
Quindi, assicuratevi che i tappi di sughero siano buoni.

Passiamo oltre.
La temperatura deve essere fresca e costante ma non troppo fredda, in quanto il freddo favorirebbe la precipitazione degli acidi sotto forma di cristalli con conseguente scandimento del corpo.
Diciamo che dai 14 ai 17 gradi è la temperatura ideale.
La cosa più importante è che evitiate gli sbalzi di temperatura quindi il vino deve stare lontano da termosifoni e caldaie.
Se la vostra cantina non fornisse garanzie in merito alla temperatura, potrete rimediare tenendo le bottiglie parzialmente immerse in sabbia grossolana.



Non avete una cantina? Prendete il vostro vino e riponetelo in un angolo semibuio e lontano da fonti di calore (sottoscale, ripostigli).
Queste accortezze valgono per brevi periodi di conservazione, al massimo qualche mese.
Per periodi più lunghi si parla di invecchiamento...ma questa è un'altra storia!

A cura di EvE

domenica, aprile 8

Passula, Alfonso Rotolo. Buona Pasqua.


E' tempo di vacanze pasquali, è tempo di festa! L'occasione è ricca di incontri e convivialità. Lunghi pranzi di famiglia e gioiose scampagnate fuori porta con gli amici.
Pasta fatta in casa dalle mani esperte della nonna, soppressata paesana e ricotta di bufala salata, casatiello rustico napoletano, agnello e capretto con patate al forno, carciofi arrostiti; come dire: i vecchi sapori di una volta e il ricordo di antichi profumi di un tempo che fu.
Saltano i tappi di svariate bottiglie (il rosso è di rigore!), ragion per cui potrebbe essere piacevole testare le primizie dell'aglianico recalcitrante e del sempre più potente primitivo di manduria. Sulle carni invece possiamo deliziarci con del Casavecchia e magari con un Taurasi di qualche anno fa come merita un onesto pranzo di Pasqua che si rispetti. Si Prosegue poi con l'immancabile pastiera di grano casalinga, sempre così diversa, ma sempre così buona e infine la classica colomba di pasticceria. Si può chiudere con un buon bicchiere di passito da meditazione.
Bene, proprio per questo vino dolce, oggi il Maiale Ubriaco sbarca a Rutino, piccolo comune di 919 abitanti alle porte del nostro tanto amato Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, dichiarato Patrimonio dell'umanità e Riserva della biosfera dall'Unesco.
Siamo in un antico borgo medievale, in una terra nota per il suo olio, i suoi fichi e il suo vino di altissima qualità, ma ancora troppo poco valorizzata.
Siamo da Rotolo, qui dove la tradizione è senza compromessi, qui dove Alfonso porta avanti un discorso iniziato dal nonno intorno agli anni venti, qui dove in un'unica costruzione sopra c'è la casa e sotto la cantina per fare un vino sincero, che unisce tutta la famiglia.
Bellissimi i vigneti con un'eccellente esposizione, apprezzatissimo il suo grande Respiro (aglianico in purezza) e interessantissimo il Valentina, suo fiano barriccato; ne riparleremo presto!
Dicevamo del vino dolce: il Passula, un passito decisamente fuori moda dal nome totalmente evocativo.
Passula, come l'odore dell'uva messa ad appassire sui tralicci all'ombra, come il profumo che il vento spinge lontano nel territorio circostante, come la vivace apertura che occorre a questo vino prima della bevuta e della sua successiva lenta ed inesorabile ossidazione.
Malvasia e moscato in parti uguali fermentate e maturate in piccole botti di rovere.
Un vino passito che emoziona per la sua essenza rustica, per il suo essere naturale e sincero senza ricorrere all'uso di finti artifici. Un vino da tavola antico dal gusto ricco ed intenso, che viaggia sui 14 gradi con un buon rapporto qualità/prezzo come del resto tutti i vini targati Rotolo. Un bicchiere da offrire ad amici e familiari come giusta conclusione di una grande abbuffata. Una bottiglia da non farsi scappare!

Questo è il nostro miglior modo per augurarvi una buona Pasqua.

aiz' aiz' aiz'
acal' acal' acal'
accost' accost' accost'
'a saluta vosta!

www.alfonsorotolo.it

A cura di Giacinto Chirichella